Mar. 5th, 2022

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COWT-12 TERZASETTIMANA - M2
PROMPT: Twenty years
NUMERO PAROLE: 1327
RATING: Giallo
Warning: /
NOTE: First time AU

Stiles Stilinski ha venti’anni.

È un ragazzo dalla lingua intelligente e la mente acuta, con un adorabile naso all’insù e grandi occhi color nocciola contornati da ciglia lunghe e scure. 

Le sue labbra gonfie hanno una strana fissazione orale che le porta ad avvolgersi costantemente intorno a qualcosa quando è sovrappensiero e ha dita lunghe e affusolate.

È alto, ha spalle larghe e fianchi stretti. 

La sua pelle pallida e facilmente arrossabile è puntecchiata da piccole costellazioni di nei. 

Nonostante questa lunga lista di pregi, Stiles ha vent’anni ed è ancora dannatamente e tristemente vergine

E no, l’unica sega che era riuscito a strappare a Danny Malehani quando il ragazzo si era lasciato col suo fidanzato storico ed era stato abbastanza demoralizzato e ubriaco al Jungle da accettare le sue avance, non contava. 

I tentativi di corteggiamento da parte di Stiles non erano mancati di certo, sia durante il liceo che i suoi primi due anni di college. 

Probabilmente spendere metà di questo tempo sbavando dietro Lydia Martin, fantasticando sul loro futuro con tre bambini, un cane e una casa dalla staccionata bianca, non aveva giocato a suo favore. 

Stiles era stato talmente disperato a un certo punto, circondato da amici che erano riusciti a trovare il loro altro significativo, che aveva addirittura pensato di provarci con Greenberg. 

Ovviamente era stato un pensiero fugace di breve durata, a nessuno interessava Greenberg. 

Stiles si era risparmiato l’umiliazione di andare al ballo scolastico del liceo da solo soltanto perché Cora Hale aveva avuto pietà di lui. 

La ragazza nemmeno era stata interessata a partecipare all’evento, ma stanca di sentirlo lamentarsi al riguardo e in nome della loro solida amicizia, aveva accettato di accompagnarlo.

Non era stata una notte tanto brutta alla fine. 

Lui e Cora si erano anche baciati a un certo punto della serata, seduti insieme sulle gradinate del campo di lacrosse, mezzi alticci della vodka che Cora aveva rubato a Jackson Wittermore. 

La ragazza aveva un promettente futuro da criminale. 

Erano finiti con lo scoppiare a ridere l’istante successivo in cui le loro labbra si erano separate e si erano ripromessi che non ci avrebbero mai più riprovato.

Stiles e Cora erano nati a pochi giorni di distanza, le loro madri erano andate al liceo insieme e fino a un certo punto dell’infanzia i due avevano fatto il bagnetto senza domandarsi se fosse imbarazzante mostrare i propri genitali all’altro.

Baciarla era stato come baciare la propria sorella.

Se doveva essere onesto con se stesso, Stiles avrebbe invece voluto baciare Derek, il bello e tenebroso fratello maggiore di Cora. 

Dannazione, avrebbe dato qualsiasi cosa in suo possesso per farsi sbattere contro un muro da quell’ammasso di muscoli e sopracciglia minacciose che era Derek Hale. 

Scott amava ripetere che le sue reiterate cotte non corrisposte per persone fuori dalla sua portata non erano salutari.

Forse il suo migliore amico non aveva tutti i torti, ma era un pensiero su cui Stiles non amava soffermarsi.

Quando si era trasferito a Stanford con Scott per frequentare il college, Stiles era stato sicuro che si sarebbe liberato della sua verginità nel giro di un semestre. 

Non fraintendetelo, non era uno di quei maschi bianchi cis che considerava perdere la verginità un vanto sociale.

Semplicemente voleva davvero tanto fare sesso e smettere di fare affidamento sulla sua fidata mano destra per l'appagamento sessuale.

Con tutte le feste delle confraternite e la marea di persone nuove che non lo catologavano come 'lo strambo figlio dello sceriffo', avrebbe avuto finalmente la sua occasione. 

Invece erano passati velocemente due anni. 

Stiles stava tornando a casa per la pausa invernale, un borsone sulla spalla e la sua verginità proprio dove era stata quando aveva salutato suo padre a Settembre. 

Stava borbottando un monologo carico di indecorosa autocommiserazione, quando andò a sbattere contro un muro di mattoni in pieno aereoporto. 

"Amico, non piantarti in mezzo alla strada." Si lamentò sonoramente, massaggiandosi il naso dolente. 

"Dovresti stare attento a dove vai." Rimproverò una scorbutica voce familiare.

Stiles sbatté le palpebre stupito, riconoscendo finalmente il suo interlocutore. 

"Derek!" 

Oh santa merda.

Il ragazzo si era lasciato crescere la barba!

"Che ci fai qui?" Chiese, cercando di ignorare le immediate colorite fantasie che il suo cervello iniziò ad elaborare. 

"Tuo padre mi ha chiesto di passare a prenderti perché doveva coprire un turno in centrale." Spiegò Derek, togliendogli il borsone dalla spalla.

"Posso portarlo." Protestò Stiles immediatamente, arrossendo imbarazzato. 

Derek scrollò le spalle avvolte dalla giacca di pelle. 

"Probabilmente sarai stanco per il viaggio. Non è un problema."

"Non sono stanco." Stiles mise il broncio.

"Stiles, zitto e cammina." 

Stiles alzò gli occhi al cielo. 

"Prepotente." Brontolò a bassa voce, seguendolo ubbidientemente verso la macchina. 

Riuscirono a litigare per solo metà del viaggio di ritorno a Beacon Hills. 

Un ottimo record per loro che avevano sviluppato la capacità di essere in disaccordo su tutto. 

C'era un motivo se Stiles non aveva mai seriamente preso in considerazione di tentare di entrare nei pantaloni di Derek da quando aveva realizzato di avere una cotta per il ragazzo. 

A Derek non stava simpatico.

Lo considerava il fastidioso amico della sua sorellina e lo dimostrava apertamente ogni volta, punzecchiandolo, prendendolo in giro o trascinandolo in un acceso battibecco. 

La loro equazione era impossibile. 

O almeno così aveva creduto fino a quel giorno.

"Ti va di uscire?" 

Stiles si immobilizzò sul sedile. 

"Eh?"

"Vuoi uscire con me?" Ripeté Derek, evitando il suo sguardo mentre parcheggiava dietro l'incrociatore nel vialetto di casa Stilinski. 

"Uscire?" 

Stiles doveva star fraintendo qualcosa, perché non c'era modo nell’universo che Derek intendesse uscire come in un appuntamento.  

“Ti prego, non renderlo più difficile.” Derek sembrò afflosciarsi sul sedile. “Se vuoi dire no, fallo. Non me la prenderò. Ma non prendermi in giro facendo finta di non star capendo che ti sto invitando ad un appuntamento.”

“Frena, frena, frena.” Stiles si contorse sul sedile per voltarsi verso il ragazzo. “Tu. Derek Hale. Il single più sexy di Beacon Hills… Mi stai invitando a un appuntamento?” 

L’altro ragazzo sospirò in un misto di affettuoso divertimento e frustrazione. 

“È quello che sto provando a fare almeno.” 

“Perchè?”

“Che diavolo significa perchè?” 

“Perchè vorresti uscire con uno come me? Ti sei visto?!” 

“Perchè ho una cotta per te da anni.” Confessò di getto l’altro, sorprendendolo fino a farlo ammutolire. “E Laura e Cora hanno preso in ostaggio il mio berretto da baseball preferito, minacciando che non l’avrei più rivisto se non ti avessi chiesto di uscire quando fossi tornato.” 

Stiles doveva a Laura e Cora un cesto di frutta di ringraziamento. 

“Quindi lo fai solo per il tuo berretto?” Punzecchiò scherzosamente, sporgendosi sul sedile attratto dall’adorabile broncio spuntato sul viso dell’altro. “Valgo così poco?” 

Derek lo sorprese per la seconda volta nella giornata, chiudendo la distanza tra loro per baciarlo. 

“Vali molto più di quel maledetto berretto.” Dichiarò Derek quando si allontanò. “Ma sarei felice se potessi avervi entrambi.”

Stiles sorrise maliziosamente, accarezzandogli una guancia barbuta. 

“È suonato davvero sporco alle mie orecchie.”

“Credo di poter organizzare qualcosa che coinvolga te, il berretto e la totale assenza di vestiti, se accetti di venire a cena con me domani sera.” Offrì allusivo Derek, sporgendosi per cercare di rubare un altro bacio. 

Stiles laciò scivolare le dita tra i morbidi capelli di Derek, strattonandoli gentilmente quand’ebbe bisogno di riprendere fiato.

“Questo si chiama ricatto, signor Hale. Mi piace.” Dichiarò scherzosamente, muovendo le sopracciglia in un modo stupido. 

Derek sbuffò una risata alle sue buffonate. 

“Ti passo a prendere alle sette.”

“Non vedo l’ora.”

Stiles camminò a tre metri da terra per il resto della giornata.

“Figliolo, stai bene?” Chiese Noah quella sera quando tornò a casa e trovò suo figlio con uno sciocco sorriso stampato sulla faccia che preparava la cena.

“Mai stato meglio.” Rispose il giovane.

Vent’anni di attesa sarebbero valsi totalmente la pena per la chance di fare sesso con Derek.



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COWT-12 TERZA SETTIMANA - M2
PROMPT: Across the universe
NUMERO PAROLE: 1397
RATING: Giallo
Warning: Angst
NOTE: Post canon Au/Universi paralleli 

“Lance, lascia andare.”

L’ex paladino di Voltron strinse la presa introno al braccio del compagno.

“Vaffanculo Keith!” Ringhiò, facendo appello a quelle poche energie che gli erano rimaste. “Che tu sia dannato per avermi convito a seguirti in questa missione suicida.”

L’altro ragazzo abbozzo un sorriso esausto. 

“Avevo un piano.”

“Bhe, quel piano faceva schifo!” Sbraitò Lance, raggelando quando gli occhi di Keith iniziarono a chiudersi. “Hey! Non osare svenire!” 

Il cavo che li reggeva entrambi, sospesi nel vuoto al di sopra del portale, scricchiolò sinistramente.

“Mi hai sentito Keith? Giuro che se ti azzardi a morire troverò il modo per riportarti in vita solo per ucciderti nuovamente.” Minacciò nel panico totale. 

Non avrebbe mai dovuto accettare di intraprendere quel viaggio.

Keith era tornato da una delle sue tante avventure ai confini dell’universo due settimane prima.

Era stato così felice di rivederlo dopo la lunga lontananza, che aveva faticato a dire di no quando l’amico gli aveva proposto di seguirlo nel suo prossimo incarico.

Un misterioso portale era apparso ai margini della nebulosa Omega e strane onde radio erano state captate provenire dall’interno di esso. 

I tecnici avevano impiegato giorni nel cercare di decifrare i messaggi, riuscendo soltanto a stabilirne l’idioma e il senso generale.

Alteano e avevano tutta l’aria di essere bollettini di guerra secondo il parere di Coran. 

L’Alleanza Interplanetaria aveva chiesto a Keith di guidare la squadra che sarebbe andata in esplorazione.

Era di vitale importanza che si accertassero che qualsiasi fosse la fonte da cui le comunicazioni provenissero, essa non rappresentasse una minaccia per la pace che avevano faticosamente raggiunto. 

Lance aveva accettato di seguire Keith perchè l’ex compagno di team gli aveva assicurato che la missione sarebbe stata un semplice sopralluogo e che, in caso contrario, aveva sempre in serbo un piano B. 

Ma anche perchè, segretamente in fondo al suo cuore, sentiva la mancanza delle stelle.

L’arrivo dei nemici aveva colto tutti di sorpresa. 

La vicinanza al portale doveva aver interferito in qualche modo con il sistema della loro astronave, perchè i radar non avevano segnalato la presenza di nessuna possibile forma di vita al di fuori della loro durante tutto l’avvicinamento.
Perciò, quando i colpi iniziarono improvvisamente a piovere contro lo scafo, l’intero equipaggio impiegò un attimo di troppo nel rispondere all’assalto. 

I cannoni dei loro avversari riuscirono a penetrare gli scudi in pochi minuti, lasciandogli campo libero per abbordarli e intrufolarsi a bordo, sopraffacendoli.
A ben poco erano servite le abilità combattive e l’esperienza dei due vecchi paladini.

Persero metà della squadra nel giro di un’ora.

Il resto di loro fu fatto prigioniero e portato sulla navicella nemica al cospetto del loro generale.

Sia Lance che Keith sbiancarono quando il comandate si tolse l’emo, rivelando il proprio volto.

Pelle olivastra sulle cui guance facevano capolino due classici marchi alteani, capelli candidi come la neve da cui spuntavano due orecchie appuntite e un paio di splendenti occhi azzurri.

“Cos’è questo, uno scherzo di cattivo gusto?” Domandò il giovane uomo, rivolgendosi ad uno dei suoi sottoposti.

“Sono confuso quanto lei, mio signore.” Ammise evidentemente a disagio quest’ultimo.

Il comandante si avvicinò ai due ex paladini, fermandosi di fronte a quello che era quasi la sua esatta copia.

“Qual è il tuo nome?” Chiese autoritario, fissando Lance dritto negli occhi. 

“Non rispondere.” Sussurrò Keith, prima di essere messo a tacere da un pugno nello stomaco.

“Lance.” Si affrettò a rispondere l’altro terrestre prima che qualche altra punizione fosse loro riservata. 

All’ex paladino non sfuggì il modo in cui ogni soldato nella stanza di irrigidì nell’udire la parola. 

L’alteano fece un passo avanti.

“Questo è ridicolo.” Commentò, allungando le mani per afferrare la faccia del giovane e muoverla con poca grazia da un lato all’altro per studiarla. “Come fai ad essere identico a me? O bhe, quasi. Non sembri completamente alteano.” Soppesò, notando le sue orecchie perfettamente arrotondate. 

“Amico, sono sorpreso quanto te.” 

Keith gli lanciò un’occhiataccia, probabilmente volendolo rimproverare per la cordialità con cui si stava rivolgendo al nemico.

“Sei un clone?” Ipotizzò dopo una silenziosa considerazione il generale. 

“Potrei farti la stessa domanda.” Fece notare Lance. 

Un forte impatto scosse pericolosamente l’astronave. 

“Vostra maestà, ci stanno attaccando!” Informò un soldano gettandosi di corsa all’interno della sala.

“Portate i prigionieri nelle celle e preparatevi a rispondere al fuoco!” Ordinò perentorio il comandante, lanciando un’ultima occhiata al suo sosia prima di rimettersi l’elmo.

“Che sta succedendo?” Lance interrogò Keith quando loro e il resto dei pochi compagni superstiti furono dietro le sbarre.

“È il backup.” 

La bocca di Lance si spalancò per lo stupore. 

“Avevamo un backup?”

Keith sogghignò. 

“Te l’avevo detto che ho sempre un piano di riserva.”

La squadra di salvataggio, capeggiata nientemeno che da Matt, riuscì a liberarli senza quasi batter ciglio. 

“A quanto è arrivato il counter?” 

Keith afferrò le armi che l’amico gli lanciò non appena le sbarre della cella furono disattivate. 

“38 contro 42 per me.” Conteggiò lo spadaccino, opponendosi a un soldato che stava per colpire Matt alle spalle. “43.”

“Quello non vale.” Si oppose l’altro. 

Lance sollevò un sopraccigliò.

“Counter?” 

“Io e Keith teniamo traccia delle volte che l’altro ci salva il culo.” Spiegò Matt, facendo loro strada verso l’uscita. 

“Ragazzi, voi siete pazzi.” 

La loro eroica fuga ebbe breve durata però. 

Keith aiutò Matt a sollevarsi da terra.

Il valoroso ragazzo era stato colpito a una spalla e sembrava in procinto a svenire da un momento all’altro. 

“Porta gli altri sulla nave, io e Lance vi guarderemo le spalle.” 

Matt tentennò. 

“Sicuro?”

“Sta tranquillo, mi assicurerò che l’idiota non ci lasci le penne, così potrete continuare la vostra stupida gara la prossima volta.” Rassicurò Lance, colpendo in pieno petto col suo fucile uno dei nemici.

Lance e Keith resistettero finchè l’ultimo dei loro compagni non fu sull’astronave di salvataggio e forse sarebbero riusciti anche a mettersi in salvo loro stessi nonostante le gravi ferite, se il ponte sotto i loro piedi non si fosse squarciato a metà facendoli precipitare nel vuoto. 

“Keith, per favore, ho bisogno del tuo aiuto.” Implorò Lance, gli occhi che pizzicavano per le lacrime che stavano minacciando di cadere a breve. 

Dove diavolo erano finiti Matt e il resto dei soccorsi?

“Lance. Il cavo sta per spezzarsi. Non può reggerci entrambi.”

“Non mi importa.”

“Lance, si ragionevole…”

“Keith, chiudi quella cazzo di bocca!” Urlò Lance. “Usciremo da questa situazione e torneremo a casa, dove Shiro si infurierà con entrambi e ti rimprovererà per aver cercato di fare il martire.

Keith riaprì gli occhi per guardarlo con affetto. 

“Shiro sarà così arrabbiato.”

Lance trattenne un singhiozzo.

“Puoi giurarci.”

Qualcosa di metallico si spezzò sopra le loro teste e lamine di metallo piombarono giù, mancandoli per un soffio.

Il mezzo galra guardò dritto negli occhi il terrestre con i marchi alteani sulle guance, sorridendogli mestamente. 

“Scusa, Lance.” Disse, prendendo una decisione e strattonando via il braccio con le sue ultime forze.

Keeeeeeeeeeeeeith!!!

L’ultimo ricordo di Lance prima che il portale inghiottesse il compagno, fu l’immagine delle labbra del ragazzo che si muovevano per sillabare un doloroso ‘ti amo’


***


Keith gemette, cercando di alzarsi da qualsiasi cosa di morbido su cui fosse disteso. 

“Piano. Sei gravemente ferito, non dovresti cercare di muoverti così rapidamente.” Richiamò una voce nelle vicinanze. 

“Lance?” Gracchiò, tossendo per la gola secca. 

Qualcosa di freddo gli fu premuto contro le labbra screpolate. 

Keith sbattè le palpebre, riuscendò a mettere a fuoco la figura che si era avvicinata per porgergli un bicchiere d’acqua. 

“Non credo di essere il Lance che ti aspettavi.” Sorrise tranquillamente il comandante alteano.

Il giovane indossava abiti eleganti ma funzionali degni di un nobile, simili nella foggia a quelli che solitamente aveva usato la principessa Allura al di fuori della battaglia. 

Al suo fianco, torreggiava un possente galra con lo stesso identico volto di Shiro, l’elsa di una spada spuntava oltre le sue spalle.

“Vostra maestà, il prigioniero è pericoloso.” 

“Ospite.” Corresse l’altro alieno, aiutando Keith a bere. “Non è più un nostro prigionerio o nemico.”

L’ex paladino si sentì sollevato da quell’affermazione. 

“Dove siamo?” Chiese guardingo.

“Benvenuto su Altea.” Dichiarò l’alteano, rispondendo alla sua domanda.

Fu così che iniziò il viaggio di Keith in un universo parallelo. 



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