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 COWT-12 PRIMA SETTIMANA - M1

PROMPT: un rifugio alla fine del mondo
FABDOM: one piece
NUMERO PAROLE: 1726 + (4000 disegno)
VALUTAZIONE: Gialla
AVVERTIMENTI: /
NOTA: /
 

Sanji sbuffò, schiacciando tra i palmi il riso umido per modellare la forma di un onigiri.

Era mezzanotte inoltrata, la cena ormai finita da un pezzo. Le stoviglie lavate e splendenti erano state riposte ognuna al proprio posto. 

Il cuoco a quest’ora sarebbe dovuto essere già a letto, sognando incantevoli sirene che bisticciavano tra loro per contendersi le sue attenzioni.

Invece era ancora sveglio, preoccupandosi per un idiota dai capelli verdi che aveva deciso di isolarsi nel suo nascondiglio sulla coffa e ignorare qualsiasi gentile invito a scendere per mangiare. 


Era il nono giorno che Zoro non toccava cibo.

Sanji teneva il conto da martedì scorso, quando lo spadaccino aveva allontanato il piatto a pranzo dopo aver appena piluccato il delizioso arrosto che lui aveva servito. 


Non ho molta fame. Aveva bofonchiato il nerboruto pirata, spingendo gli avanzi in direzione di Rufy, che li aveva spazzolati in un istante.


Sanji non diede molto peso all’accaduto, capitava a tutti - tralasciando il loro insaziabile capitano - di avere giornate con poco appetito. 

Ma quando anche il giorno seguente Zoro aveva evitato di mangiare con la pietosa scusa di non poter interrompere una serie di piegamenti, Sanji iniziò a insospettirsi e a prestare più attenzione a ciò che lo spadaccino faceva.


Zoro sembrava… assente, per la maggior parte del tempo.

Le ore che non passava ad allenarsi, le spendeva a fissare un punto indefinito in lontananza nel mare.


La cosa più strana di tutte era che non dormiva.

Sanji era abituato a vederlo schiacciare pisolini contro la balaustra della Going Merry a qualsiasi ora del giorno, invece ora ogni volta che incrociava la sua verdeggiante zazzera di capelli quando usciva sul ponte, Zoro era intento ad osservare il mare con un’espressione indecifrabile. 

Sanji sospettava che non chiudesse occhio nemmeno di notte. 

Si era alzato un paio di volte le notti precedenti per andare al bagno o bere un bicchiere d’acqua, trovando sempre l’amaca dell’altro pirata vuota, anche al di fuori delle sue ore di guardia. 


Al quarto giorno di digiuno tutti condividevano la sua preoccupazione per lo strano comportamento di Zoro. 

Chopper aveva assicurato dopo aver visitato l’uomo - c’era voluto un ordine diretto del capitano per convincere Zoro a farsi esaminare dal piccolo dottore - che qualsiasi problema lo spadaccino avesse non si trattava di un problema fisico

Tralasciando un leggero stato di indebolimento dato dalla mancata nutrizione e la carenza di sonno, il pirata era completamente sano.

Zoro aveva lasciato l’infermieria sbattendo la porta rabbiosamente, infastidito dalle attenzioni indesiderate. 


Al quinto giorno, l’umore di Zoro era imprevedibile.

Usopp rischiò di farsi affettare in due per aver inavvertitamente urtato con lo stivale una delle katane che lo spadaccino stava lucidando. 

 Di comune accordo, la ciurma decise per la sicurezza generale di stare alla larga dallo spadaccino finchè questo non avesse risolto qualsiasi cosa lo stesse turbando.

Qualcuno avrebbe voluto parlargli, ma conoscendo il compagno, sapevano che convincere Roronoa ad avere un cuor a cuore era una missione suicida nei giorni buoni, figuriamoci in quelli brutti. 

 

Sanji però non riusciva a non tormentarsi.

Era il dannato cuoco della ciurma. Era sua compito provvedere ai pasti e assicurarsi che ognuno dei membri dell’equipaggio fosse adeguatamente nutrito.

Zoro che rifiutava qualsiasi cibo gli preparasse era un’onta per la sua reputazione.

Un fallimento che non poteva tollerare. 


Quest’oggi lo spadaccino non aveva dovuto nemmeno fare uno sforzo per cercare delle scuse per rifiutare il cibo, si era semplicemente arrampicato sull’albero maestro al sorgere del sole e non era più sceso.


Sanji depose l’onigiri nel porta pranzo e chiuse il coperchio.

Era determinato a far mangiare quel cocciuto di un marimo. 

A costo di ficcargli lui stesso il cibo in gola.


***


“Oi, idiota. Ti ho portato qualcosa da mangiare.”

Zoro sapeva che sarebbe successo. 

Per quanti sforzi facesse per tenerlo lontano, Sanji trovava sempre un modo per arrivare a lui.

“Non ho fame.” 

“Lo ripeti da giorni.” Il cuoco lo ignorò, appoggiandosi al parapetto e tirando fuori da una delle tasche dei pantaloni un pacchetto di sigarette. “Sei un pessimo bugiardo.”

“Vai a farti fottere.” Ringhiò acidamente senza nemmeno alzare lo sguardo dal punto del pavimento che stava fissando distrattamente da ore.

Sanji sorrise, sbuffando una nuvoletta di fumo grigio verso il cielo che prometteva tempesta. 

“Ti ho preparato un mix dei tuoi spuntini preferiti.” Il cuoco gli batté il contenitore sulla testa. “Nulla di troppo complesso, non voglio tu finisca a vomitare dopo aver digiunato per tutti questi giorni.” 

Lo spadaccino gli strappò il porta pranzo di mano.

“Cosa non comprendi della frase ‘non ho fame’ ?”

Avrebbe avuto voglia di lanciare quello stupido contenitore in mare, ma sapeva che con quel gesto si sarebbe guadagnato l’odio più profondo del cuoco, sprecando del cibo.

E nemmeno lui era così stupido da finire sulla lista nera di Sanji. 

“Una persona normale ha bisogno di tre pasti al giorno. Con quel fisico da scimmione che ti ritrovi e tutte le calorie che bruci ad allenarti non puoi non avere fame, marimo.” 

Zoro strinse la presa intorno al porta pranzo, facendo scricchiolare pericolosamente la plastica. 

“Pensi di conoscermi meglio di quanto mi conosca?” 

“Non ho questa presunzione.” Chiarì tranquillamente Sanji, abbassandosi per mettersi a sedere dall’altro lato del tronco dell’albero maestro. “E prima che tu lo chieda, non sono qui per cercare di capire cosa ti frulla per la testa di così importante da toglierti l’appetito. Non mi riguarda e sei abbastanza cresciuto da risolvere i tuoi problemi da solo o chiedere aiuto se ne hai bisogno.”


Zoro non aveva bisogno di aiuto.

I pensieri invasivi se ne sarebbero andati da soli. Lo facevano sempre, prima o poi.

Doveva solo dimenticare quell’utilizzatrice dei frutti del diavolo in cui si era imbattuto sull’ultima isola e che gli aveva rubato il portafoglio.


Quando il pirata le aveva afferrato il polso, accorgendosi della sua manina lesta nella tasca dei pantaloni, la ragazzina aveva usato il proprio potere per distrarlo, intrappolandolo in un sogno ad occhi aperti.

Un sogno meraviglioso in cui Kuina era ancora viva, cresciuta, bella e forte come lo sarebbe stata se l’incidente che le aveva prematuramente stroncato l’esistenza non fosse mai avvenuto.

Un futuro in cui potevano sfidarsi e dove Zoro avrebbe potuto dimostare appieno il proprio valore, guadagnandosi il titolo di miglior spadaccino al mondo senza alcun rimpianto. 

Chi avrebbe mai detto che un bel sogno potesse ferire più di una spada che ti trapassa il cuore. 

Quando Zoro era sfuggito all’incanto grazie a uno schiaffo ricevuto da Nami - la navigatrice lo aveva trovato immobile in mezzo alla strada con uno sguardo vacuo da babbebo dipinto sulla faccia - la ragazzina era ormai lontana col suo portafogli.


“L’unica cosa che mi riguarda è che tu metta del cibo nello stomaco.” 

Zoro roteò gli occhi al cielo.

“Non puoi costringermi.” Una goccia fredda caddé sulla punta del naso dello spadaccino.  “Dovresti tornare dentro. Sta per piovere.”

“Non me ne vado finchè non mangi.”

“Sei serio?”

“Mai stato più serio.”

“Ti prenderai un malanno.”

“Non se mangi.”

“Stai cercando di usare il senso di colpa per farmi mangiare?”

Sanji sorrise astutamente. 

“Perchè, funziona?”

“No.”

“Peccato.” 


Entrambi restarono in silenzio per un tempo inquantificabile, ambedue troppo testardi per cedere ai capricci dell’altro. 

La pioggia cominciò a scendere copiosamente, infradiciando i loro vestiti.

Sanji starnutì una volta.

Poi due.

Alla terza, la pazienza di Zoro cedette. 


“Va bene, dannazione! Mangio qualcosa se serve a liberarmi del tuo culo secco.” 

“Culo secco a chi?!”

Con feroce frustrazione lo spadaccino sollevò il coperchio del contenitore e afferrò il primo bocconcino a caso, addentandolo.

Come succedeva sempre con qualsiasi cibo Sanji preparasse, le sue papille gustative esplosero di piacere, facendogli scappare un sonoro gemito d’apprezzamento. 

“Buono?” Domandò Sanji. 

“Passabile.” Lo zittì, continuando a riempirsi la bocca di cibo.



Quand’ebbe finito, porse il contenitore vuoto al cuoco, evitando il suo stupido sguardo compiaciuto.


“Se dovesse venirti fame, ti ho lasciato una seconda porzione in frigo.” 

Zoro annuì, sbadigliando sonoramente. 

Avere lo stomaco pieno gli aveva fatto venire improvvisamente sonno. 

“Probabilmente dovresti rientrare.” Propose intelligentemente Sanji. 

“Ho il turno di guardia.” 


Quella era solo un’altra scusa.

Se avesse chiesto, era sicuro che qualcuno dei suoi compagni avrebbe preso il suo posto. 

La verità era che Zoro aveva paura di dormire.

Temeva il momento in cui avrebbe chiuso gli occhi perchè avrebbe potuto sognare l’impossibile. 

L’impossibile aveva un sapore cento volte migliore di qualsiasi piatto Sanji potesse cucinargli. 

E Gambanera era un cuoco fantastico, anche se sarebbe morto piuttosto che ammetterlo ad alta voce. 


Sanji alzò le mani in segno di resa.


“Oi, ricciolo.” Chiamò Zoro mentre l’altro si calava dalle corde per scendere. 

“Cosa.”

Zoro fece un profondo respiro. 

“Grazie per il cibo.”

Sanji agitò una mano da oltre il parapetto scivoloso, salutando. 

“In qualsiasi momento, testa d’alga.” 


***


Sanji si affacciò dalla botola.

“Sapevo che ti avrei trovato qui.” Commentò il cuoco, issandosi all’interno della stanza. “Cambia la nave, ma non le abitudini.”

Erano passati anni da quando avevano iniziato a viaggiare insieme per mare sotto la bandiera di Cappello di paglia. Alcune cose erano cambiate - per esempio ora non avevano problemi a scambiarsi apertamente un bacio in pubblico - e altre erano rimaste le stesse. Se Zoro avesse avuto qualcosa che lo turbava, ancora si sarebbe rifgugiato nel punto più alto e isolato della nave. 

Roronoa oscillò il mostruoso manubrio di pesi che utilizzava per allenarsi, profondamente concentrato nel conteggio dei colpi. 

“Non hai mangiato.” 

“Non ho fame.” Rispose seccato lo spadaccino. 

Sanji sorrise per la sensazione di deja-vu.

“Allora te lo lascio qui in caso ti venisse fame più tardi.” Indicò, posando il cestino del pranzo su uno dei divanetti imbottiti della palestra. “Ti ho portato anche una mezza bottiglia di rum, mi sentivo generoso quest’oggi.”

Lo spadaccino borbottò un grazie appena udibile sotto il rumore metallico dei pesi che tagliavano l’aria. 

Sanji girò sui tacchi, pronto ad andarsene per lasciargli i suoi spazi. 

“Vuoi parlarne?” 

Zoro fermò il fendente che stava caricando, ponderando l’offerta. 

“Forse più tardi.” 

Sanji annuì, comprensivo.

“Oi, cuoco.” Chiamò Zoro posando i pesi per sciugarsi il sudore con un panno. “Grazie per il cibo.”

Sanji gli lanciò scherzosamente un bacio, sorridendo.  

“Ti amo anche io, marimo.” 


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COWT-12 SESTA SETTIMANA - M5

PROMPT: Pioggia

NUMERO PAROLE: 613

VALUTAZIONE: Verde

AVVERTIMENTI: /

NOTA: AU


Sanji guardò avvilito la pioggia cadere fuori dalla porta automatica della palestra.

Avrebbe dovuto prendere l’ombrello quella mattina e accettare il consiglio di Zef quando l’uomo lo aveva avvertito che più tardi avrebbe cominciato a piovere.

Non aveva idea di come Zef ci riuscisse, probabilmente grazie alla sua esperienza da ex marinaio, ma sapeva sempre che tempo avrebbe fatto e le sue previsioni non facevano cilecca nemmeno una singola volta. 

E ogni volta Sanji era troppo ostinato, stupido o ribelle per dare retta a suo padre, pentendosi altrettanto amaramente delle proprie decisioni.

Il ragazzo sospirò, facendosi da parte per far passare un altro cliente del centro sportivo che doveva uscire. 

Qualcuno più coscienzioso di lui in quanto possedeva un ombrello. 

Sanji non aveva nemmeno a chi chiederne uno in prestito, dato che era mercoledì e quel giorno nessuna delle persone che conosceva era lì per allenarsi. 

Trafalgar era di turno in ospedale, Ace e Rufy alle loro lezioni di ripetizione e Franky, il personal trainer che lo allenava, aveva il giorno libero, quindi probabilmente stava uscendo con sua moglie Robin.

Sanji si guardò intorno nella hall, soppesando le proprie alternative. 

Poteva sfidare le intemperie e correre fino alla fermata dell’autobus, ma preferiva evitare di ammalarsi in quel periodo dell’anno.

Nelle settimane tra Natale e Capodanno il ristorante era pieno ogni sera e avrebbe creato problemi a Zef e al resto dello staff se si fosse assentato per un malanno. 

Il giovane abbassò lo sguardo verso il portaombrelli. 

Era vuoto se non per un singolo ombrello scuro con l’impugnatura a forma di manico di katana.

Rufy ne aveva acquistato uno identico per il compleanno di un amico l’anno prima. 

Sanji sollevò il sopracciglio riccioluto, considerando l’idea di prenderlo.

Non era furto se lo avesse rimesso esattamente al suo posto la prossima volta che fosse venuto in palestra, giusto?

Ma probabilmente anche il suo proprietario ne avrebbe avuto bisogno tanto quanto lui, valutò.

“Quello è il mio ombrello.” Informò una voce dura alle sue spalle, interrompendo le sue silenziose riflessioni. 

Sanji allontanò la mano che inconsciamente non si era reso conto di aver allungato, voltandosi prontamente per scusarsi con il proprietario dell’oggetto. 

Le parole gli morirono in gola di fronte al tipo che lo stava squadrando con sguardo assassino. 

Non sembrava affatto felice di averlo colto in flagrante nel quasi rubare il suo ombrello, anzi aveva tutta l’aria di star seriamente mentalmente escogitando il modo migliore per squartarlo e nascondere il suo cadavere. 

“Non avevo intenzione di prenderlo.” Mentì.

In altri frangenti, Sanji si sarebbe concesso il lusso di apprezzare meglio il giovane nerboruto, decisamente attraente per i suoi standard nonostante gli improponibili capelli verdi.

Al momento, era più interessato a salvaguardare la propria vita.

Il ragazzo sbuffò un grugnito, chinandosi lateralmente per afferrare l’ombrello e ficcarlo tra le braccia di Sanji con un gesto duro. 

“Riportalo.” Ordinò severamente, girandosi senza dare ulteriori spiegazioni.

Il tizio uscì dalla porta e corse in strada, incurante della pioggia fredda che lo avrebbe infradiciato da testa a piedi nel giro di pochi secondi. 

Sanji sbattè le palpebre scioccato. 

Il ragazzo gli aveva appena offerto il suo ombrello? 

Confuso dal gesto aggressivamente gentile, Sanji tornò a casa perfettamente asciutto, domandandosi lungo tutto il tragitto chi fosse quello strano ragazzo. 

Il tizio non gli aveva detto nemmeno il suo nome.

Borbottando contro lo sconosciuto, Sanji decise che avrebbe scoperto chi fosse e avrebbe ricambiato il favore ad ogni costo. 

Tre anni più tardi, sotto una fine pioggiarella primaverile che interruppe uno dei loro rari romantici appuntamenti, Zoro gli chiese di sposarlo e Sanji soffocò un sì eccitato contro le sue


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