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COWT-11 SETTIMA SETTIMANA - M7
PROMPT: 003. I think we deserve a soft epilogue, my love. We’re good people, and we’ve suffered enough.
NUMERO PAROLE: 10422
RATING: Rosso
WARNING: Angst
NOTE: Soulmate Au
New York è caotica già dalle prime luci dell’alba.
La grande metropoli non smette mai totalmente di fremere di vita, nemmeno nelle ore più tarde della notte, quando le strade sono quasi vuote e a rianimarsi sono i quartieri più poveri e malfamati, con i lampioni che illuminano i marciapiedi, dove le prostitute sono in attesa dei loro clienti, o gettando le ombre giuste nei vicoli angusti e maleodoranti in cui gli spacciatori si nascondono pronti ad alzare il prezzo per la dose di cui tanto senti di aver bisogno. Verso le cinque del mattino però, quando il sole inizia a tingere il cielo scuro coi suoi tenui raggi aranciati, si può assistere al vero risveglio della vita metropolitana della città. La gente si riversa in strada, raggiungendo le proprie auto o affrettandosi per accaparrarsi il primo taxi disponibile, sbracciandosi per attirare l’attenzione dei conducenti delle auto gialle, pregando di arrivare in orario a lavoro per evitare una ramanzina da parte del capo.
È inverno e tutti indossano calde giacche e berretti di lana per ripararsi dal freddo rigido, gli scarichi dei riscaldamenti dei palazzi creano nuvolette di vapore che si trasformano rapidamente in nebbia e gli spazzaneve lavorano senza sosta per liberare le strade dalla neve che altrimenti intralcerebbe il traffico.
Derek fissa l’orologio al polso mentre sorseggia il suo caffè alla cannella, controllando l’agenda e cercando di ignorare le chiacchiere insistenti del giovane autista. Non vuole essere sgarbato nei confronti del ragazzo, ma non riesce a capire il senso di instaurare una conversazione con qualcuno che non rivedrà mai più tra pochi minuti quando scenderà dalla sua auto. Il giovane continua a parlare dei propri problemi, dei suoi interessi, di politica, del suo coinquilino e della ragazza di quest’ultimo che non lo lasciano dormire la notte con quello che scherzosamente definisce il loro rumoroso ‘rituale di accoppiamento’, sembrando accontentarsi della silenziosa compagnia del suo cliente.
Il tassista lo lascia proprio davanti l’alto e moderno edificio espositivo in cui è tenuta la sua mostra.
Ringrazia educatamente, pagando e lasciando al ragazzo una piccola mancia. Perché nonostante non abbia voluto partecipare alla conversazione, sembra essere stato inconsciamente ben attento ad ascoltare tutto quello che gli veniva raccontato, scoprendo che il giovane tassista non era molto entusiasta del proprio lavoro, ma era costretto a svolgerlo perché aveva bisogno di soldi per pagare le proprie tasse universitarie.
Derek infine scende, senza nemmeno incrociare per una volta il suo sguardo.
“Grazie della mancia!” Lo sente salutare raggiante attraverso il finestrino mezzo abbassato, mentre sta già salendo i gradini della scalinata d’ingresso.
Non si volta, alza solo una mano in segno di educato saluto.
Quando entra nel palazzo, il vecchio portiere gli rivolge un sorriso gentile e lui ricambia con un breve segno del capo, porgendogli una tazza fumante di Starbucks. È diventata una cortesia abitudinaria quella di portare al vecchio Charlie, sempre ligio al suo dovere, una tazza di caffè quando si presenta lì prima dell’orario d’apertura della mostra.
È presto, molto prima dell’orario d’ingresso, ma lui può permettersi di venire qui quando vuole, essendo il creatore dei dipinti esposti e il nipote del proprietario dell’edificio.
Il riscaldamento è tenuto alto, permettendogli di scrollarsi di dosso il lungo cappotto nero e la sciarpa che indossa. Non è mai stato un tipo freddoloso, ma l'inverno a New York è rigido rispetto a quelli a cui era stato abituato ad affrontare nella sua infanzia in California.
Abita a New York da più di dieci anni, da quando la sua famiglia è stata colpita da un tragico incidente che l’ha decimata e sua sorella Laura ha deciso di trascinare sia lui che la piccola Cora via da Beacon Hills, per allontanarli dal doloroso ricordo della tragedia.
Può vedere il cielo schiarirsi fino a diventare di un brillante azzurro attraverso le grandi finestre del palazzo mentre si aggira indisturbato nelle varie stanze ancora vuote di gente.
Viene qui ogni mattina da un mese, arriva prima dell’arrivo dei visitatori e va via poco dopo la chiusura. Peter lo definisce una madre amorevole che veglia sui propri figli. Lui si definisce un penitente che vaga tra le memorie della propria maledizione.
Derek aveva scoperto la passione per la pittura da bambino, quando sua madre Talia lo aveva messo seduto al tavolino con davanti un mazzetto di fogli bianchi e una scatola di tubetti di colori acrilici per intrattenerlo mentre lei preparava la cena. Si era divertito così tanto ad impiastricciarsi le piccole manine, tracciando forme arzigogolate col pennello, che aveva riempito rapidamente ogni singolo foglio a sua disposizione, finendo con il cercare qualcos’altro su cui rivolgere la propria vena artistica, scegliendo uno dei muri del salotto quando sua madre si era distratta per andare in bagno. Talia non lo aveva nemmeno sgridato quando si era accorta del disastro. Il piccolo Derek sembrava così orgoglioso del suo colorato capolavoro, che diceva ritrarre la loro famiglia, che la madre non se l’era sentita di rimproverarlo per la marachella che il bambino nemmeno comprendeva di aver fatto. Lo aveva preso amorevolmente tra le braccia e gli aveva semplicemente spiegato che il muro del loro salotto non era il posto giusto su cui sfogare il proprio talento. Il giorno dopo gli aveva comprato un grosso blocco da disegno e una scatola di pastelli. Eccitato, Derek aveva divorato avidamente ogni pagina, riempiendo l’album di schizzi colorati raffiguranti tutto ciò che i suoi innocenti occhi di bambino considerassero interessante e degno di essere rappresentato. Al suo compleanno, a Natale o in una qualsiasi festività che prevedeva lo scambio di doni, Derek riceveva sempre qualche genere di regalo artistico. Matite, blocchi da disegno, acquerelli, pennelli, chine, iniziarono ben presto a riempire la sua stanza e la sua vita. Suo padre lo iscrisse a un corso di disegno quando cominciò le scuole medie e la sua passione si arricchì ben presto di tecnica. I suoi insegnanti lo definivano un naturale e osservavano meravigliati il ragazzo assimilare facilmente ogni lezione per metterla in pratica. All’età di quattordici anni, Derek vinse il suo primo premio. Era solo un concorso per giovani talenti organizzato nella sua contea, ma vedere il suo dipinto messo in mostra davanti una folla di persone e sotto lo sguardo fiero dei suoi genitori, gli aveva riempito il cuore di orgoglio.
Quel giorno Derek decise che sarebbe diventato un pittore.
Da allora non si era più fermato, dipingendo senza sosta giorno e notte per affinare le sue doti e creare nuovi dipinti, ognuno più meraviglioso e spettacolare del precedente.
A sedici anni, mentre cercava di bilanciare la propria vita tra amori adolescenziali e voti scolastici altalenanti, dipinse il quadro che gli valse una menzione su un’importante rivista d’arte e attirò su di sé gli occhi dei critici.
‘The girl with peach cheeks’ è il primo quadro che apre la mostra.
Raffigura una bambina di circa quattro anni in un campo di margherite, che gioca a staccare i petali dai fiori e spargerli nel vento. La bambina dai boccoli castani ha un grande sorriso stampato in viso, due luminosi occhi verdi e le sue guance sono arrossate e tonde come due pesche. È un quadro di pura innocenza, con caldi colori che richiamano l’estate e emozioni felici.
Sei mesi più tardi, quando ha il cuore spezzato da un’affascinante supplente dai lunghi capelli color del grano, con la quale intrattiene una relazione clandestina per alcuni mesi, conclusa quando la giovane donna si trasferisce dalla città senza dirgli nulla, lasciandolo a struggersi e odiarsi per essere stato usato, Derek dipinge ‘The bane’.
Il dipinto è un insieme di colori cupi contrapposti a un rosso sgargiante. Il colore acceso sembra quasi sanguinare dalla tela. È molto più astratto e concettuale a differenza dei suoi soliti lavori. Le pennellate sono date con rabbia e le forme si confondono tra loro creando un caos di linee e spruzzi di vernice.
Derek prova a distruggere il quadro non appena lo finisce, ma sua madre riesce a toglierlo dalle sue mani tremanti e lui esplode a piangere davanti i suoi occhi confusi, sfogando tutta la propria rabbia e la vergogna. Confessa di aver creduto di amare la donna che lo aveva ferito e di sentirsi oppresso dai propri sentimenti dopo che lo aveva tradito e trattato come se per lui non contasse nulla. Per un anno va in terapia per lavorare su se stesso e il quadro diviene un monito per lui e un pezzo importante nelle sue future mostre.
A diciotto anni, poco prima degli esami per il diploma, trascorre un’intera settimana ad avere costanti incubi su un incendio. I suoi genitori lo rassicurano che è solo dovuto allo stress scolastico, ma preoccupato decide di rivolgersi nuovamente alla sua terapista. Lei gli consiglia di usare la pittura come metodo per sfogare il proprio malessere interiore. Funziona. Si sente meglio dopo aver dipinto il quadro.
‘The house on fire’ ricorda la ‘Notte stellata’ di Van Gogh come stile, ma non per i colori. Rosso, giallo, arancio, nero, si attorcigliano gli uni su gli altri. Le fiamme sembrano danzare attorno al contorno della casa annerita, esibendosi in uno spettacolo di pura forza distruttiva.
Il quadro viene acquistato da un fanatico magnate d’arte, amico di suo zio Peter, Deucalion. L’uomo si offre anche di spesare la sua prima mostra. Il ragazzo è felice della sua fortuna e del successo, anche se aveva notato sin da allora qualcosa nel quadro che lo aveva messo a disagio e in guardia.
Parte per il college, frequentando una prestigiosa accademia artistica, dipingendo altri quadri che sarebbero diventati famosi in seguito. A ventidue anni si è fatto un nome e sta organizzando una nuova mostra insieme al suo mecenate, per presentare l’ultima delle sue creature, quando riceve una chiamata da parte di sua sorella Cora. La ragazza è in lacrime e ci vogliono dieci minuti solo per calmarla al telefono.
La loro casa di famiglia è andata a fuoco per un cortocircuito elettrico e i loro genitori sono morti nell’incendio che ne è conseguito, insieme ad altri membri della loro famiglia lì in visita. Peter è in ospedale, ricoverato in terapia intensiva in coma farmacologico con ustioni di terzo grado che gli ricoprono metà del corpo. Lei è pressoché illesa e Laura era fortunatamente fuori con il suo ragazzo in quel momento. Derek si sente affondare. Lascia tutto quello che sta facendo e prende il primo volo per tornare a casa per stare vicino a quello che resta della sua famiglia.
I funerali si svolgono due giorni dopo il suo arrivo. Tenere lontano i curiosi e i giornalisti dalla funzione funebre richiede l’intervento delle forze dell’ordine. Derek perde il controllo e distrugge la fotocamera di un paparazzo, minacciando l’uomo di ucciderlo se non si toglierà subito di torno.
Su di lui si scatena una tempesta mediatica.
Fortunatamente per lui, una volta dimesso dall’ospedale, Peter riesce a sedare la tempesta elargendo qualche ingente somma di denaro qua e là. Non riesce però ad evitare che al nipote venga affibbiato il soprannome di ‘pittore maledetto’.
Più di un giornale riporta la tragica notizia dell’incendio che ha stravolto la famiglia Hale. Alcuni addirittura puntano il dito verso Derek, accusando il giovane artista in varie occasioni di sapere più di quanto dichiara riguardo l’incidente. Il suo famoso dipinto ‘The house on fire’ diventa una prova della colpevolezza del presunto delitto. Ma attira anche la curiosità del pubblico e quadrupla i biglietti venduti alle sue mostre.
Il quadro infamato diviene a malincuore il suo dipinto più famoso.
Derek smette di dipingere. Butta tutti i suoi materiali e si chiude in se stesso, rifiutando la compagnia di chiunque lo conosca. Inizia a bere, a frequentare festini e dubbie compagnie. Non porta mai nessuno a casa, ma passa spesso la notte nel letto di qualche sconosciuto di cui al mattino non ricorderà nemmeno il nome. Ragazze, ragazzi, coppie, non ha importanza. Si lascia affogare nel torpore dell’euforia del sesso, dell’alcool e talvolta di qualcosa di più forte. Finisce anche per farsi un tatuaggio durante una delle tante feste a cui partecipa. Per sua fortuna, il tatuatore sapeva il fatto suo ed era abbastanza lucido da non sfregiarlo a vita. Si autodistrugge finché Laura non perde la pazienza e lo trascina a forza a ripulirsi. Passa un anno in una clinica di disintossicazione, si affida nuovamente alle cure della sua ex terapista e piano piano torna al volante della sua vita.
Derek non torna però a dipingere.
Le mostre continuano per un altro anno e lui le gestisce da lontano con l’aiuto di Deucalion, organizzando gli eventi ma senza mai mostrarsi in prima persona al pubblico. Le riviste di gossip spargono la voce che sia a causa del suo aspetto, dovuto alla vita dissoluta alla quale si era abbandonato. Non hanno tutti i torti.
Derek è dimagrito, per la prima volta dalla pre-adolescenza riesce a contarsi facilmente le costole spingendo le dita sui lati del busto e la sua pelle è due toni più pallida del suo usuale colorito abbronzato. Impiega del tempo per tornare a guardarsi senza incertezza allo specchio.
Non ci sono appuntamenti o relazioni per lui dopo, anche quando il suo corpo torna ad essere ben costruito e attira sguardi peccaminosi ogni volta che mette piede in una stanza.
Laura si sposa con un avvocato newyorkese e da alla luce una bellissima bimba che chiama Peach. La bambina è una piccola peste che ama stare seduta nell’erba del giardino o strofinare le mani nella barba di suo zio quando viene a trovarla. Derek stravede per sua nipote e nemmeno si accorge di cosa sta facendo quando mette nel carrello una scatola di colori e un blocco da disegno mentre fa la spesa. Quando Laura lo vede presentarsi a casa con il regalo, si mette quasi a piangere.
Sapevo che ci sarebbe voluto del tempo, ma ce la stai facendo, Der. Sono così fiera di te. Gli aveva detto, stringendolo in un abbraccio da orso. Derek l’aveva stretta a sua volta, immergendole il viso nel collo per lasciarsi confortare dal suo odore.
Derek non tocca un pennello finché non inizia a fare un sogno ricorrente.
Un ragazzo che non conosce appare nei suoi sogni ogni notte. Sembra avere qualche anno in meno di lui, ha la pelle pallida e ricoperta da nei, una zazzera indomabile di capelli castani che spara in ogni direzione, due labbra morbide e rosee, un delizioso nasino all’insù il cui profilo Derek vorrebbe seguire con la punta dell’indice e un raggiante sorriso che gli scalda il cuore. Ma il particolare che più colpisce Derek durante quei sogni sono i suoi due grandi e magnetici occhi color whisky. La luce si proietta in loro facendoli brillare come due gocce d’oro appena fuso. È la cosa più bella che Derek abbia mai visto.
Non parlano mai nei suoi sogni, si limitano a stare seduti vicini e Derek lo fissa. Non c’è un vero e proprio ambiente che li circondi. I contorni di qualsiasi luogo in cui si trovino sono luminosi e sfocati, ogni volta l’unico dettaglio nitido del sogno rimane il giovane di fianco a lui.
Quando si sveglia, si sente sempre un po’ meno danneggiato della sera precedente, quasi come se i pezzi distrutti del suo essere venissero rimessi insieme da una qualche genere di forza mistica superiore.
Derek ne diviene talmente tanto ossessionato da cedere e comprare una tela e un nuovo set di colori e pennelli per dipingere.
Impiega un mese per creare la sua nuova opera. Passa una settimana soltanto a dipingere gli occhi del ragazzo, perché vuole riuscire a catturarne l’essenza e anche una volta che si decide a posare il pennello, dichiarando finito il proprio lavoro, non sembra totalmente soddisfatto del risultato. Il ritratto è oggettivamente impeccabile, forse uno dei suoi lavori migliori, ma Derek sa che il ragazzo nei suoi sogni è dieci volte più bello di questa semplice tela dipinta dalle sue mani.
Il dipinto è in bianco e nero, l’unico tocco di colore Derek lo ha riservato agli occhi del giovane.
Il pittore passa riverente una mano sul contorno del quadro, soppesando cosa farne.
Una parte di lui, quella più egoistica e ferita, vorrebbe tenere il dipinto e il ragazzo come un segreto speciale per se stesso, crogiolandosi nel conforto di quella presenza immaginaria. Una parte più piccola e privata invece, quella che custodisce nel profondo del suo cuore la sua passione per la pittura, vorrebbe esporre l’opera in un museo per condividerla con il resto del mondo, incurante delle critiche o delle lodi che ne riceverebbe.
Con insolito coraggio aveva alzato il telefono e contattato Deucalion per organizzare una mostra.
Nel giro di pochi mesi, giornali e riviste erano impazziti per l’annuncio del suo imminente ritorno dopo quasi un decennio di ritiro. Derek non era sicuro di essere pronto alla luce dei riflettori così, d’accordo con Laura e Cora, aveva dichiarato che sarebbe apparso davanti ai giornalisti solo l’ultimo giorno della mostra, per rilasciare una breve intervista.
Ed eccolo qui, ora, camminando da solo per le sale dell’esposizione vuota, dopo aver risposto al branco di iene affamate di informazioni. Le domande erano state per lo più quelle che si era aspettato, ma questo non aveva reso l’incontro meno estenuante. Gli avevano scattato diverse foto e lui aveva storto il naso ai flash, pensando a quanto sarebbe stato difficile d’ora in poi girare indisturbato per le sue mostre senza che lo riconoscessero.
Si strofina le mani sul viso stanco, spostando gli occhiali da vista al loro posto sul naso, sospirando. L’unica cosa che vuole al momento è tornare al suo appartamento, fare un bagno caldo, ordinare cibo cinese a domicilio e guardare una replica del suo show televisivo preferito. E forse masturbarsi prima di dormire.
La mostra è divisa in stanze completamente spoglie ad eccezione dei quadri appesi al loro interno. Ogni stanza contiene un’unica opera ben illuminata da dei faretti. I quadri esposti vanno dal più datato a quello più recente, simboleggiando una sorta di cammino nell’essere che segue la sua crescita artistica fino a raggiungere il suo ultimo lavoro.
‘The spark’ è il nome che ha scelto per il quadro, in onore della sua nuova scintilla d’ispirazione.
Oggi è l’ultimo giorno che vagherà tra queste stanze vuote tornando a casa.
Mentre si avvicina all’uscita, la sua attenzione viene attirata da una figura in piedi nell’ultima stanza. La mostra dovrebbe essere chiusa e i visitatori usciti da un pezzo.
Il ragazzo non sta facendo nulla di male, è semplicemente in piedi dinanzi all’ultimo quadro che Derek ha dipinto, dandogli le spalle. Forse il ragazzo aveva mancato l’ultimo richiamo del vecchio guardiano ad uscire e non si era accorto dell’orario tardo.
Derek si avvicina, incuriosito.
“La mostra è chiusa.” Dichiara educatamente, cercando di non sembrare troppo duro.
Il ragazzo sobbalza sorpreso dalla sua voce. Probabilmente non lo aveva sentito avvicinare. Cora rimproverava spesso Derek di avere il vizio di avvicinarsi agli altri di soppiatto costantemente.
Quando si volta, Derek deve sbattere più volte gli occhi per convincersi di non star sognando ad occhi aperti, perchè il ragazzo che ha di fronte è lui. Quello dei suoi sogni.
"Si, scusa, lo so. Sono arrivato praticamente all'orario di chiusura e ho chiesto in ginocchio al guardiano di lasciarmi entrare per riuscire a vedere la mostra. È tutta la settimana che cerco di venire, ma tra il lavoro e l'università non sono riuscito ad essere qui prima." Spiega agitatamente il ragazzo. “Oh. Ma tu sei quello della mancia di stamattina!” Aggiunge, riportando Derek a se stesso.
“Come prego?” Chiede confuso.
“Stamattina ti ho accompagnato qui con il mio taxi e tu mi hai lasciato la mancia.” Spiega il ragazzo, abbozzando un sorriso. “Ma dovevi essere molto assorto nei tuoi pensieri per non notare le mie chiacchiere. Continuavi a controllare nervosamente l’orologio e l’agenda con questa espressione accigliata.” Dice, mimando l’espressione che aveva avuto Derek. “Non ti fa bene aggrottare la fronte così tanto, amico. La faccia ti rimarrà bloccata in quel modo un giorno di questi.”
Allora Derek ricollega tutto. Il ragazzo è il tassista chiacchierone che aveva tentato di ignorare quella mattina quando si era fatto accompagnare alla mostra, quello a cui non aveva rivolto nemmeno una mezza occhiata perchè era talmente nervoso dall’intervista da essersi rinchiuso al sicuro nella sua bolla antisociale.
“Non chiamarmi amico.” Risponde automaticamente, maledicendosi mentalmente quando gli angoli della bocca del giovane si curvano verso il basso. “Mi chiamo Derek.” Si affretta ad aggiungere, allungando la mano.
Il ragazzo allunga la sua e gliela stringe. Le sue dita sono lunghe e affusolate, la stretta è forte e decisa. “Io sono Stiles.” Si presenta.
Derek alza un sopracciglio al nome insolito e Stiles sorride. “Lo so, nome strano. In realtà è una specie di soprannome. Ma lo uso perché il mio vero nome è impronunciabile per la maggior parte delle persone al di fuori di mio padre.”
Derek sbuffa divertito. “Tipo?” Domanda, non nascondendo la propria curiosià.
“Mieczysław.” Pronuncia Stiles con uno strano accento.
Derek prova a ripetere la parola e pensa di non essere andato poi così male, ma deve sbagliare qualcosa perché Stiles sembra trattenere una risata. “Sei andato meglio di molte persone.” Rassicura gentilmente. “Quindi, che ci fai ancora qui, Derek? Il resto dello staff sembra andato a casa da un pezzo.”
Derek scrolla le spalle. “Sono sempre l’ultimo ad andarmene.” Informa veritiero.
Stiles non sembra aver compreso ancora di star parlando con il famoso pittore Derek Hale. Probabilmente non lo aveva riconosciuto e non lo avrebbe fatto prima che le foto dell’intervista fossero state rilasciate dalla stampa. L’ultima sua foto in circolazione lo ritraeva a vent'anni circa, ora ne aveva trentadue, portava gli occhiali, si era lasciato crescere la barba e aveva piccole rughe intorno agli occhi. Non era così facile riconoscerlo a primo impatto.
Derek è momentaneamente felice di questo.
Questo gli avrebbe permesso di parlare con Stiles senza la pressione del suo ruolo.
“Allora Stiles. Come mai non vedevi l’ora di vedere la mostra?” Chiede vago, cercando di fare conversazione.
“Adoro le opere di Mr. Hale sin da bambino. Mia madre era appassionata di arte e amava dipingere come hobby, anche se non era nulla di eccezionale.” Ammette il ragazzo con un sorriso nostalgico. “Mi mostrava spesso opere di artisti in erba quando ero piccolo, voleva che diventassi una persona di cultura, tra le varie cose. Ha anche provato ad insegnarmi a dipingere, ma non sono portato per stare seduto davanti ad un lavoro che richieda tempo e concentrazione. Come puoi vedere dal mio continuo agitarmi costantemente e chiacchierare senza freni.” Dice imbarazzato, facendolo ridere. “Se ti annoio dimmelo e giuro di farla breve, ok?” Derek lo incita a continuare. “‘The bane’ è stato il quadro che mi ha mostrato mia madre. Cazzo, vedere quel dipinto è stato come ricevere una pugnalata. Mi sono sentito come se qualcuno stesse cercando di strapparmi il cuore dal petto. Ed ero solo un bambino!” Esclama, stringendosi teatralmente la mano al petto. “Quando ho sentito che avrebbe esposto di nuovo e ci sarebbe stata anche una nuova opera sono andato su di giri. Dovevo assolutamente vederla.”
“E cosa ne pensi?” Chiede Derek, frastornato e lusingato dal racconto, indicando il proprio quadro.
“La verità? Non mi aspettavo un dipinto del genere.” Ammette con sincerità il giovane.
“Sei deluso?” Indaga il pittore, stringendo nervosamente i pugni.
“No. Assolutamente. È spettacolare.” Chiarisce fermamente Stiles. Derek tira un sospiro di sollievo. “Però sono po’ terrorizzato, perchè diamine, il ragazzo ritratto mi somiglia o lo vedo solo io?”
“No. Sei molto somigliante.” Concorda Derek, deglutendo pesantemente.
Perché sei tu. Corregge una voce nella sua testa che si spinge ad ignorare.
Stiles si schiarisce la voce. “Ok bene. Quindi tralasciando la sensazione inquietante a primo impatto quando mi sono reso conto della somiglianza... direi che questo quadro è degno del gran ritorno di Mr. Hale.” Asserisce.
“Sono sicuro che il signor Hale sarebbe molto contento di sentirtelo dire.” Dichiara in risposta Derek, sorridendo segretamente della sua approvazione.
“Scriverò come minimo dieci pagine su di esso nel mio saggio d’esame.” Informa il ragazzo, contemplando il quadro.
Derek alza entrambe le sopracciglia, sorpreso. “Stai scrivendo un saggio al riguardo?”
Stiles annuisce. “Mi sto laureando in giornalismo e saggistica. Ho scelto come tema per il mio saggio finale ‘Gli artisti del nostro tempo’.” Spiega. “Non potevo lasciare fuori dalla lista lui e i suoi quadri.” Le sue guance sono leggermente arrossate mentre lo dice e sembra talmente adorabile che Derek ha l’irrefrenabile impulso di stringerlo al petto.
“Cosa scriverai nel saggio?” Interroga il pittore.
“Oltre a dire che è il miglior pittore del nostro secolo?” Scherza senza ironia il giovane.
Derek sorride. “Addirittura?”
“Assolutamente. Vince a mani basse per me.” Dichiara solennemente Stiles, gonfiando il petto.
“Molti lo definiscono ‘una moda passeggera’.” Fa presente Derek, citando alcune critiche che aveva recentemente letto nei suoi riguardi. “Verrà probabilmente dimenticato entro i prossimi cinquant’anni.” Commenta, lasciando affiorare le proprie insicurezze.
Stiles si infervora alle sue parole. “Tsk. Chi lo dice non capisce nulla di arte e di emozioni!” Controbatte ostinatamente. “Ogni suo dipinto racchiude una piccola storia che non vede l’ora di essere raccontata attraverso le sue pennellate. Hale è un artista a tutto tondo e un genio delle tecniche pittoriche. Chiunque muova critiche verso di lui per me è una capra.” Finisce, mettendo il broncio.
“Wow. Davvero maturo come discorso.” Prende bonariamente in giro Derek.
Stiles alza gli occhi al cielo e sbuffa. “Ok, forse ho espresso un commento per lo più personale. Ma non posso tediarti con ‘I centouno motivi per cui il pittore Derek Hale è geniale e per quale dannato motivo la sua arte mi scatena un’erezione?’.”
Derek non resiste e scoppia a ridere. “Ti prego, non dirmi che quello sarà il titolo del saggio.” Ansima senza fiato.
Stiles ride a sua volta. “No, sei pazzo? Sto cercando di laurearmi, non di farmi arrestare per molestie verso terzi.”
Derek si aggiusta gli occhiali sul naso. “Di sicuro verresti ricordato per sempre nella storia della tua università.” Fa notare.
“Tranquillo, ho già dato per quello quando io e Scott abbiamo accidentalmente allagato i bagni.” Mette al corrente. “A nostra discolpa, i bigliettini con gli appunti che hanno intasato lo scarico non erano i nostri. Stavamo solo cercando di aiutare Greenberg a disfarsene. Il rigetto degli scarichi non era previsto. Fidati di me, non avresti voluto vederlo. Ho vomitato sopra il petto del povero Scott. Non so come faccia a volermi ancora bene dopo quello ed essere mio amico.”
Derek non sa se essere affascinato o inorridito.
Il discorso viene interrotto dal vecchio custode. “Signor Hale, tra poco dovrei chiudere e attivare l’allarme per andare a casa. Lei e il suo amico pensate di restare ancora per molto?” Chiede gentilmente Charlie.
Derek controlla l’orologio al polso. Segna quasi le nove di sera. Non si era accorto si fosse fatto così tardi. “No, stiamo per andare via.” Rassicura.
Il vecchietto annuisce e procede a spegnere le luci nel resto delle sale.
Quando Derek si volta verso il ragazzo, Stiles lo sta guardando a bocca aperta e con occhi sgranati. “Signor Hale? Aspetta… come Derek Hale? Oh cazzo, tu sei il pittore! Ommioddio ho parlato finora di te senza sapere chi fossi.” Geme pietosamente quando realizza.
Derek ghigna maliziosamente. “Perché ti agiti? Hai speso solo parole lusinghiere nei miei riguardi. Sono davvero felice che i miei quadri ti scatenino un’erezione.” Punzecchia apertamente, godendosi il rossore che appare sulla pelle pallida del viso del ragazzo.
“Uccidimi qui e ora.” Prega Stiles, nascondendo il viso tra le mani.
Derek gli poggia una mano sulla spalla spingendolo leggermente verso l’uscita. “Andiamo. Non voglio far aspettare troppo Charlie. Sua moglie ha un carattere fumantino e se lo vede arrivare anche solo un minuto in ritardo gli farà la ramanzina.”
Il ragazzo lo segue ubbidientemente verso l’uscita e insieme attendono che il vecchio custode finisca il suo giro di controllo e metta in sicurezza l’edificio.
Quando escono, all’esterno sta nevicando leggermente e Stiles trema visibilmente nel proprio cappotto. Non ha guanti o sciarpa a proteggerlo dal freddo invernale.
“Perché non hai nemmeno una sciarpa?” Rimprovera Derek, cedendogli la propria.
Stiles se la avvolge velocemente intorno al collo. “L’ho dimenticata a casa per correre qui.” Ammette colpevolmente, mordendosi il labbro.
Derek rotea gli occhi. “Saresti dovuto tornare a prenderla quando te ne sei accorto. Siamo a Dicembre.”
“Grazie dell’informazione, Sherlock.” Sbuffa il giovane. “Se fossi tornato indietro non sarei riuscito a vedere la mostra.” Brontola.
“La mostra non vale una polmonite.” Critica severamente il pittore.
“Parla per te. Ho anche incontrato il mio pittore preferito. Direi che ho fatto totalmente jackpot!” Ricorda l’altro, facendogli l’occhiolino.
Derek scuote la testa.
Questo ragazzo gli si sta insinuando velocemente sotto la pelle. Non riesce nemmeno a ricordare l’ultima volta che ha provato così tante emozioni diverse. Non è ancora pronto a lasciarlo andare. Vuole passare ancora un po’ di tempo con lui, conoscerlo meglio, chiedergli se è più una persona Marvel o Dc, qual è il suo colore preferito o se preferisce il cibo tailandese, il sushi oppure la pizza.
“Stai tornando a casa?” Domanda, sperando di rubare ancora qualche altro minuto.
“Sì. Pensavo di prendere l’autobus.” Informa Stiles, indicando la fermata del bus a qualche metro da loro.
“Non prendi un taxi?” Ironizza con un sorrisetto Derek.
“Sembra un po’ stupido salire su un taxi quando guidi un taxi.” Sbuffa il ragazzo, non sembrando però infastidito dalla sua battuta. “Inoltre, non ho molti soldi da spendere.” Ammette serenamente.
Derek soppesa per un attimo la situazione. “Dove devi andare?” Domanda.
Stiles gli dice il suo indirizzo.
“Anche io vado in quella direzione.” Mente. “Vuoi condividere la corsa? Pagherò io.” Propone.
“Non se ne parla. Se condividiamo mi lascerai pagare la metà.” Protesta il ragazzo.
“Un terzo. Visto che il mio tragitto è quello più lungo.” Controbatte furbamente il pittore.
Stiles aggrotta la fronte, pensandoci per ben dieci secondi. Derek li conta mentalmente. “Andata.”
Intercettano un taxi sulla via principale e insieme si dirigono verso l’appartamento che Stiles condivide con Scott. Parlano per quindici minuti tranquillamente, finché non sono quasi arrivati e Stiles fruga nella tasca del cappotto in cerca delle chiavi.
“Merda.” Impreca. “Non trovo le chiavi.”
“Scott è a casa per aprirti?” Chiede Derek.
“Non lo so.” Risponde l'altro, tirando fuori il cellulare dalla tasca dei jeans per chiamare prontamente l’amico. “Ehi, Scottie. Sei a casa?” Il ragazzo deve rispondergli di no perché l’espressione di Stiles si incupisce chiaramente. “Amico, credo di aver dimenticato le chiavi a casa. Almeno spero. Il nostro padrone di casa mi ucciderà se le ho perse.” Scott lo rassicura che le ha solo lasciate nel piatto sul tavolino da caffè in soggiorno, vicino alla sua sciarpa. È sicuro di averle viste quando è uscito per andare all’appuntamento con la sua ragazza. “Perfetto. Almeno una buona notizia.” Tira un sospiro di sollievo. “Puoi tornare al volo ad aprirmi?” Chiede implorante.
Scott risponde di sì, seppur imbronciato all’idea di interrompere il suo appuntamento così presto. Ma lo informa anche che impiegherà più di un’ora a tornare, tra autobus e metropolitana. “Aspetterò.” Accetta con rassegnazione Stiles quando il taxi si ferma al suo indirizzo.
“Stiles, non ti lascio aspettare un’ora all’agghiaccio.” Si oppone il pittore, afferrandogli il braccio prima che possa aprire lo sportello della macchina.
“Ho la tua sciarpa.” Rassicura il ragazzo con una disinvolta scrollata di spalle, sicuro che l’uomo gliela lascerà tenere.
Derek rotea talmente forte gli occhi che Stiles pensa per un momento che i bulbi oculari gli usciranno fuori dalle orbite. “Puoi venire da me e farti raggiungere lì da Scott quando ha finito con il suo appuntamento. Accompagnerò entrambi a casa in macchina più tardi.” Offre come alternativa.
Forse ha osato troppo con quel suggerimento perché Stiles si ammutolisce e lo osserva attentamente, come se cercasse un significato nascosto tra le sue parole. La tassista, una donna di colore sulla quarantina con lunghi dreads colorati, tamburella con una lunga unghia dipinta sul display del contachilometri per informarli che la tariffa sta aumentando e devono darsi una mossa.
“Ok. Chiamo Scott per avvertirlo del cambio di programma.” Si decide finalmente il ragazzo, richiamando l’amico. Scott festeggia, contento di poter tornare al suo appuntamento, ringraziando in vivavoce Derek senza nemmeno conoscerlo. “Ti mando l’indirizzo via sms più tardi.” Promette, facendo un segno con la testa a Derek per incitarlo a dire all'autista dove dirigersi. “ Ti voglio bene e ricorda di usare le protezioni!” Conclude la chiamata Stiles, facendo ridere la donna al posto di guida.
Quando ha attaccato il telefono, si volta sul sedile con le braccia incrociate al petto per fissare Derek con uno sguardo allusivo. “Allora mr. ‘anche io vado in quella direzione’. Spiegami perché siamo diretti dall’altro lato della città.”
Derek si agita al suo posto, evitando il suo sguardo. “Potrei aver mentito per convincerti a prendere il taxi con me.” Borbotta imbarazzato, grattandosi la guancia.
Dannazione, da quando si era trasformato in un morbido marshmallow?
Stiles sorride apertamente, sembrando compiaciuto dalla sua risposta. “Se volevi chiedermi di uscire, bastava che usassi le tue parole, ragazzone.” Lo prende in giro, dandogli una gomitata amichevole nelle costole. “Sto ancora pagando un terzo della corsa, sia chiaro.” Impone.
Derek non discute.
Quando arrivano all’appartamento di Derek, un ampio loft in un vecchio palazzo recentemente ristrutturato, Stiles si lascia sfuggire una battuta su come la sua vita si sia improvvisamente trasformata in un porno e chiede a Derek se ha anche una stanza segreta dove nasconde tutti i suoi giocattolini viziosi. Il pittore per poco non si strozza con la propria saliva.
Derek gli offre da bere ed insieme finiscono per ordinare il cibo cinese che tanto aveva desiderato dopo l’intervista, mangiandolo sul divano mentre in tv viene trasmessa una replica di Law&Order Special Victims Unit. Stiles recita alcune battute a memoria e confessa di aver visto tutte le stagioni almeno tre volte. Derek gli confida di aver avuto per anni una cotta per Olivia Benson e Stiles esclama sprezzante ‘chi non ha mai avuto una cotta per lei?’.
Parlano di tutto o niente, consumando la cena senza nessuna fretta.
Stiles gli racconta di suo padre, del suo lavoro di sceriffo e di come non veda l’ora che l’uomo vada in pensione l’anno prossimo, così potrà smettere di preoccuparsi che gli sparino in servizio. Gli parla di sua madre, del pirata della strada che l’ha investita davanti ai suoi occhi quando lui aveva solo tredici anni. Gli confessa di aver avuto paura di guidare un’automobile per molto tempo e ancora oggi fa fatica a mettersi al volante di qualsiasi altra macchina che non fosse la jeep azzurra che sua madre guidava.
“Perché allora fai il tassista?” Domanda ingenuamente Derek, ammirando il suo coraggio.
“La paga è buona e Katrine, il mio capo, è molto flessibile con i turni. Ottima cosa per un universitario che spera di riuscire a laurearsi e mantenere una parvenza di vita sociale.” Spiega con disinvoltura Stiles.
Derek non ha molto da raccontare in cambio sul suo passato che Stiles non conosca già. Inoltre è una parte della sua vita che non ama affrontare. Gli parla invece di Laura e Peach, di come la bambina riempia la sua vita con la propria spensieratezza infantile, di Cora che si sta allenando per vincere il titolo mondiale di boxe e di Peter che era tornato a sorridere quando aveva rincontrato un lontano amico di nome Chris, con il quale ora si frequentava pubblicamente, che era riuscito a vedere oltre le orrende cicatrici che deturpavano il suo corpo.
Stiles si scopre essere un ottimo ascoltatore. Derek aveva erroneamente pensato che avrebbe dovuto zittirlo almeno una volta mentre cercava di parlare di sé, ma invece il ragazzo lo aveva stupito standosene zitto e aspettando pazientemente ogni momento di pausa tra un argomento e l’altro se avesse avuto bisogno di porre una domanda su qualcosa che lo stava interessando.
Derek si ritrova ad essere talmente a suo agio con lui da parlargli dei suoi sogni ricorrenti. Gli parla di quanto sia ossessionato dal ragazzo che tormenta le sue notti da arrivare a convincerlo a dipingere di nuovo, di come vorrebbe che fosse reale, avvicinandosi inconsciamente sul divano per farglisi più vicino.
“Credi nel destino?” Sussurra Stiles ad un soffio dal suo viso. Le sue pupille sono dilatate e si sta torturando il labbro inferiore con i denti.
“No.” Risponde Derek. “Tu?”
“No.” Concorda Stiles, chiudendo gli ultimi centimetri che li separano.
Quando le loro labbra si incontrano entrambi tirano un profondo sospiro di sollievo, come se un enorme peso fosse stato tolto loro dal petto. Derek preme il ragazzo sotto di sé tra i cuscini, mentre dita avide lo strattonano per i capelli e una lingua esigente reclama la sua bocca.
Bacia ogni centimetro di pelle lattiginosa scoperta su cui riesce a posare la bocca, strappando soffocati gemiti di apprezzamento dalle labbra gonfie del ragazzo. Stiles allarga le gambe snelle agganciandole intorno al suo bacino, inarcando i fianchi.
“Fanculo.” Geme Derek, sentendo le loro erezioni ancora vestite cozzare tra loro.
“Mi hai tolto le parole di bocca.” Ridacchia affannato il ragazzo contro il suo orecchio, mordicchiandogli dispettosamente il lobo.
Derek ringhia, afferrandolo per i fianchi per tirarlo a sedere a cavalcioni su di lui. Sta per iniziare a togliergli i vestiti quando il campanello suona, interrompendoli.
“Questo deve essere Scott.” Informa Stiles, alzandosi tristemente dalle sue cosce.
“Possiamo far finta di non essere in casa.” Piagnucola quasi Derek, tirandogli l’orlo del maglione.
“Lo lasceresti ad aspettare come un cucciolo abbandonato sul pianerottolo?” Rimprovera scherzosamente il ragazzo, chinandosi per baciarlo tra le folte sopracciglia aggrottate.
Derek alza le spalle. “Il palazzo ha un ottimo sistema di riscaldamento e c’è un divano alla fine del corridoio.”
Stiles lo fissa a bocca aperta. “Derek Hale, sei un bastardo egoista.” Lo apostrofa, tirando fuori il cellulare dalla tasca per inviare un rapido messaggio a Scott e chiedergli di aspettare da buon amico quale è.
“Non è il peggio che mi sono sentito dire.” Deride il pittore, prendendogli a coppa l’erezione nei jeans.
Stiles geme, lasciandosi sfuggire il telefono dalla mano per la sorpresa, che rimbalza fortunatamente sul divano, fermandosi nella piega tra due cuscini ed evita così i frantumarsi a terra.
“So cosa stai pensando.” Avvisa il ragazzo, abbassando lo sguardo per incontrare gli occhi verdi dell’altro. “Ebbene si, ora puoi dire che non solo le tue opere mi danno un’erezione.”
Derek ghigna soddisfatto, non ammettendo però ad alta voce che era proprio quello a cui stava pensando. “Forza, ho detto a Scott di darci quindici minuti. Abbassati i pantaloni, ho bisogno del tuo cazzo nella mia bocca tipo ieri.” Dichiara Stiles con tono mielato, inginocchiandosi tra le sue gambe per armeggiare con la cintura del pittore.
“Quindici minuti non sono un po’ pochi?” Sfotte Derek, aiutandolo.
Stiles gli rivolge un sorriso ferino. “Mettimi alla prova.” Afferma, stringendo una mano intorno al suo cazzo e prendendolo in bocca quasi completamente senza esitazione.
Stiles si scopre essere il re dei pompini. Derek riesce a resistere coraggiosamente per ben sei minuti prima di liberare la propria venuta direttamente in gola al ragazzo. Stiles non batte ciglio e ingoia fino all’ultima goccia, leccandosi le labbra sporche quando si allontana per riprendere fiato. Derek pensa di non aver mai visto nulla di più pornografico del suo viso in questo momento.
“Merda. Mi ucciderai.” Sospira, allungando una mano per accarezzare con un pollice le sue labbra gonfie.
Stiles sorride, bacinadogli il palmo della mano. “Ti preferisco vivo.” Scherza.
Derek sbuffa una risata e lo trascina nuovamente a cavalcioni sui fianchi per baciarlo e ricambiare il fantastico pompino ricevuto con un non meno appagante lavoro manuale da parte sua. Stiles viene facilmente in pochi minuti, balbettando incoerentemente sulle mani magiche di Derek mentre scende dall’estasi postcoitale.
Venti minuti più tardi aprono finalmente a Scott, non prima che Derek si sia cambiato il maglione sporco dello sperma di Stiles.
Come promesso, Derek accompagna i due ragazzi a casa.
“Amico, ha una Camaro!” Sente bisbigliare Scott a Stiles mentre lo seguono qualche passo indietro in garage e il pittore si ferma di fianco alla sua macchina.
Stiles siede dietro, lasciando il privilegio del posto davanti a Scott che gliel’ha chiesto con enormi occhi da cucciolo che nemmeno Derek con il suo cuore duro come la pietra era sicuro sarebbe stato in grado di ignorare.
I due ragazzi parlano dell’appuntamento di Scott per tutto il tragitto al loro appartamento. Derek non si inserisce nella conversazione ma non si sente escluso. Stiles ha posato una mano sulla sua spalla dal primo secondo che ha messo in moto e non si è fermato un istante dal tracciare piccoli cerchi rilassanti con il pollice attraverso la stoffa morbida del suo pullover.
Quando giungono a destinazione, Scott si lancia dalla macchina, dichiarando di dover correre in bagno a pisciare. Derek fa finta di ignorare l’occhiolino rivolto a Stiles che pensa di avergli sapientemente nascosto.
Stiles si schiarisce la voce, sporgendosi dal sedile posteriore per attirare la sua attenzione. “Allora…” Comincia esitante, guardandolo dubbioso. “La cosa di questa sera, era una tantum?”
Derek è momentaneamente preso in contropiede perché non ci aveva pensato. Si era lasciato vivere l’attimo, aggrappandosi a ogni piacevole secondo condiviso senza rimuginare troppo sul futuro perché era sicuro che non avrebbe avuto occasione di rivedere Stiles una volta che si fossero separati.
“Vorresti che lo fosse?” Domanda, stringendo le mani contro il volante.
“Diavolo, no.” Ammette il ragazzo, avvicinandosi per posargli un bacio sulla guancia. “Devi portarmi ad un vero appuntamento prima di decidere se vuoi restituirmi.” Scherza.
“E se finissi per smarrire la ricevuta?” Derek sta al gioco.
Le labbra di Stiles si curvano in un affettuoso sorriso. “Non te lo consiglio, perché in quel caso saresti fregato tesoro e bloccato con me per l’eternità.” Dichiara.
Derek non può pensare a un destino migliore.
Prima che scenda dall’auto, Stiles gli lascia il suo numero e Derek promette di chiamarlo. “Questa la prendo in ostaggio.” Avvisa il giovane, stringendosi al collo la sciarpa di Derek per prepararsi ad affrontare lo sbalzo termico quando scenderà dalla vettura.
Il ragazzo lo saluta con un bacio sciatto e si fionda in casa.
Come promesso, Derek chiama Stiles per chiedergli di uscire. Devono aspettare ben una settimana perché Stiles deve consegnare un compito importante entro venerdì che ha rimandato fino all’ultimo e non può cambiare nessuno dei suoi turni perché sono momentaneamente a corto di personale a lavoro, ma quando finalmente riescono ad andare a cena fuori, è tutto perfetto.
Tornare a frequentare qualcuno dopo anni di solitudine porta Derek a dover scendere nuovamente a compromessi, ridefinire i propri spazi e smussare alcuni degli spigoli del proprio carattere.
Uno spazzolino blu appare di fianco al suo nel bagno, trova sempre qualche t-shirt o felpa con stampe di supereroi, chiaramente non sua, nei panni da lavare e si rassegna al fatto che Stiles non possiederà mai un filtro ai propri pensieri, mettendolo al corrente di tutto ciò che gli passa per la testa. I litigi non mancano, perché entrambi hanno un carattere forte e predominante, odiando che il loro punto venga contraddetto. Ma si ritrovano a mettere da parte le loro divergenze ogni volta pur di fare pace perché non sopportano che l’altro gli tenga il muso per giorni per una sciocchezza. Stiles conia per lui il soprannome ‘sourwolf’, che utilizza nei suoi riguardi ogni volta che sfoggia la sua espressione accigliata.
Quando la data dei suoi ultimi esami si avvicina, Stiles gli scrive un messaggio per informarlo che si chiuderà in casa per qualche giorno a studiare e si scusa se non risponderà al telefono, rassicurandolo di non preoccuparsi perché sarà semplicemente totalmente assorto nello studio, lasciandogli il numero di Scott per qualsiasi emergenza. È così che Derek finisce per essere anche amico del ragazzo con la mascella storta e l’incrollabile fiducia verso il prossimo.
Derek viene rapidamente trascinato nella cerchia di amici dei due ragazzi. La sua vita si riempie di volti nuovi e legami sinceri. Ed è tutto merito di Stiles. Di quel ragazzo che gli è apparso prima in sogno e poi si è materializzato nella sua vita grigia, tornando a fargli vedere il mondo a colori attraverso la scintilla racchiusa nel suo sguardo.
Derek e Stiles continuano a ripetere di non credere nel destino, ma se è per merito di esso che hanno finito per incontrarsi gliene sono eternamente grati.
Derek presenta Stiles alla sua famiglia e il ragazzo ha un imprinting immediato con le sue sorelle. Lui e Laura diventano il suo tormento ogni volta che organizzano una cena di famiglia. Stiles riesce addirittura a non farsi intimorire dal carattere strisciante di zio Peter, rimettendolo al proprio posto con la sua lingua arguta sotto lo sguardo meravigliato del resto dei membri della famiglia Hale.
Stiles fa conoscere a Derek suo padre due giorni prima della sua laurea. Lo sceriffo viene a trovare il ragazzo in città per l’occasione e minaccia il figlio di arrestarlo per oltraggio a pubblico ufficiale se non gli farà incontrare l’uomo di cui non smette di parlare ogni volta che lo chiama per chiedergli come va. Derek li invita a cena e quando i due Stilinski arrivano, seguiti immancabilmente da Scott che non perderà occasione per gustare una cena cucinata da Derek, Noah chiede al pittore se possono scambiare due parole in privato. Derek annuisce deglutendo pesantemente, invitandolo in un’altra stanza. Quando esce, è un tono più pallido del normale e Stiles sa che suo padre deve avergli fatto ‘il discorso’.
“Ignoralo. Abbaia ma non morde.” Lo rassicura Stiles con un bacio sotto lo sguardo critico di suo padre. “Che c’è? Io non ti giudico quando baci Melissa.” Il commento fa avvampare l’uomo che fugge con la coda tra le gambe a sedersi sul divano, fingendo di prestare attenzione alla televisione.
“Chi è Melissa?” Domanda Derek sottovoce al proprio ragazzo.
“Mia madre.” Sorride Scott, intervenendo nella conversazione privata. “Da quando hanno iniziato ad uscire insieme usiamo la cosa come arma contro di loro quando diventano troppo ‘iperprotettivi’ nei nostri confronti.” Spiega, dandogli una pacca sulla spalla.
“È perfidamente geniale.” Si complimenta il pittore.
Stiles sogghigna maliziosamente. “Grazie tesoro. Dopotutto è stata una mia idea.”
Derek non aveva avuto dubbi al riguardo.
Quell’estate Stiles si trasferisce in pianta stabile nel loft di Derek e inizia a cercare un nuovo lavoro in linea con la sua laurea. Derek dipinge un nuovo quadro e riempie due album di schizzi del suo compagno. Lo disegna in ogni posizione in cui lo cattura e con Stiles finisce a ritrarre pose davvero insolite, vista la sua capacità di addormentarsi nelle posizioni più impensabili.
Derek inizia a pensare al matrimonio quando Stiles scherzosamente gli infila al dito un anello di cipolla durante una cena con i loro amici. Una vocina nel cervello gli rimprovera di non prendere decisioni impulsive. Vivono già insieme, non c’è motivo di affrettare ulteriormente le cose.
“David mi ha chiesto di sposarmi sei mesi dopo esserci messi insieme.” Minimizza Laura quando le chiede consiglio.
Derek acquista un anello il giorno stesso e quella sera, dopo che hanno fatto l’amore nel loro letto, chiede a Stiles se vorrebbe sposarlo. Il ragazzo urla un sì eccitato senza esitazione, aggrappandosi a lui per baciarlo con rinnovato vigore.
“Non vedo l’ora di vedere la faccia di mio padre quando glielo diremo.” Ammette sovrappensiero, facendolo rabbrividire all’idea.
Lo sceriffo prende la notizia insolitamente bene, iniziando a chiamare Derek ‘figliolo’.
Verso Settembre, iniziano i problemi.
Derek ha difficoltà a dormire e per giorni si sveglia ogni poche ore di sonno, completamente sudato e tremante.
“Ehi. Stai bene?” Lo culla dolcemente Stiles, baciandogli la spalla tesa.
“Sto bene. Torna a dormire, ho avuto solo un brutto sogno.” Rassicura Derek, cercando di farlo assopire nuovamente così potrà sgusciare indisturbato sul divano per tenersi sveglio con un libro o guardando la televisione.
Non vuole spiegare a Stiles cosa lo tiene sveglio la notte, cosa cerca di evitare nei suoi sogni, perché ha paura di credere che gli incubi si trasformeranno in realtà come altri sogni che aveva visto avverarsi nel corso degli anni.
“Non mentire, Derek. Sono giorni che non dormi per più di due ore a notte.” Rimprovera calmo Stiles, spingendolo a muoversi per voltarsi a guardarlo. “Parla con me. Dimmi cosa ti turba.”
“Non capiresti.” Accusa il pittore, evitando il suo sguardo.
Sa che se finirà per incontrare gli amati occhi nocciola finirà per sbriciolarsi come una fragile diga di legnetti sotto un fiume in piena.
Stiles si acciglia. “Di certo non posso provarci se non provi nemmeno a spiegarmi cosa sta succedendo.” Rinfaccia.
Conosce Derek e sa che i traumi lo hanno portato ad adottare un meccanismo di difesa per cui ogni volta che si ritrova a dover affrontare un problema, finisce con il chiudersi a riccio e imporsi di risolverlo da solo senza coinvolgere chi ama per paura che vengano feriti a causa sua. È un meccanismo che conosce fin troppo bene e che combatte lui stesso, ma non vuole che la loro relazione ruoti intorno a certe barriere.
“Prova a spiegarmi. Giuro di non ridere o giudicarti e di restare con te qualsiasi stranezza tu mi stia nascondendo e che pensi potrebbe farmi correre fuori da quella porta.” Promette, prendendogli a coppa la guancia.
Forse per la mancanza di sonno o perché si fida ciecamente di ogni singola parola che Stiles gli ha appena detto, Derek cede.
Gli spiega di come ha iniziato a credere che i suoi sogni vogliano avvertirlo di eventi che accadranno in un futuro indefinito ma imminente. Gli parla dell’incendio. Gli ricorda del ragazzo che sognava prima di incontrarlo alla galleria d’arte. Gli racconta del sogno che lo tormenta, dello sparo, del corpo in divisa che cade dopo aver ricevuto il colpo e del luccicante distintivo ramato che cade nella pozza di sangue proprio ai suoi piedi. Derek non riesce a vedere il volto dell’uomo a terra perché è troppo lontano, ma è sicuro di conoscerlo.
“Pensi si tratti di mio padre.” Stiles arriva alla conclusione che Derek non voleva pronunciare ad alta voce. Il pittore annuisce. “Dirò a papà di stare più attento sul lavoro.” Rassicura il ragazzo, pettinandogli i capelli corvini con le dita. “Va in pensione tra pochi mesi. Sono sicuro che non succederà nulla.”
Derek chiude gli occhi e prega che sia davvero così.
Lo sceriffo finisce coinvolto in una sparatoria due settimane dopo e entrambi volano nella città natale di Stiles non appena ricevono la notizia.
“Vi ho già detto che non è nulla di grave.” Tranquillizza lo sceriffo per la decima volta in cinque minuti da quando i due giovani sono entrati nella sua stanza d’ospedale.
“Ti hanno sparato a una gamba, papà. Certo che è grave!” Protesta nuovamente Stiles, stropicciandogli il cuscino dietro la schiena.
“Con tutto il rispetto, signore. Stiles ha ragione. I danni lasciati da ferite da arma da fuoco non sono da sottovalutare.” Sostiene Derek, librandosi nervosamente intorno al capezzale dello sceriffo.
“Il proiettile mi ha colpito ed è uscito dritto senza fare altri danni se non un buco.” Illustra pazientemente il genitore. “Melissa dice che mi dimetteranno domani stesso.” La signora McCall sorride amorevolmente al trio di uomini mentre controlla la flebo appesa di fianco al letto. “Inoltre, sarai felice di sapere che a causa di questo piccolo infortunio hanno deciso di mandarmi in pensione anticipatamente.” Aggiunge Noah rivolto al petulante figlio, sapendo che la notizia lo placherà una volta per tutte.
Stiles tira un enorme sospiro. “Eccellente. Finalmente dovrò preoccuparmi solo della tua dieta.” Scherza con un mezzo sorriso sollevato.
Lo sceriffo alza gli occhi al cielo. “Ciò che mangio non è affar tuo, ragazzo.”
Il battibecco viene interrotto prima che possa sfociare in discussione e Melissa li manda a casa per lasciar riposare lo sceriffo.
Stiles e Derek pernottano nella casa di proprietà degli Stilinski, scegliendo di condividere il letto d’infanzia di Stiles.
“Te l’avevo detto che sarebbe andato tutto bene.” Ricorda quella notte il più giovane poco prima di addormentarsi, stringendo l’altro tra le braccia.
Lo sceriffo viene dimesso e torna a casa dove organizza un barbecue per il puro gusto di infastidire il figlio mangiando un’enorme bistecca, con la scusa di dover reintegrare ferro e proteine. Stiles e Derek restano in città per un altro giorno prima di partire, raccomandandosi con Melissa di tenerli al corrente della guarigione dello sceriffo.
Derek non fa più sogni di spari e poliziotti feriti quando tornano a casa.
Per fine Ottobre, Derek organizza una nuova mostra.
Deucalion lo convince ad organizzare una nuova intervista e lui la fissa per il trentuno di quel mese, nell’ultima ora di apertura al pubblico.
Stiles gli mette il broncio per mezza giornata quando glielo dice, perché dovrà andare alla festa di Halloween di Erika da solo.
“Ti raggiungerò quando avrò finito, promesso.” Cerca di trattare il pittore. “Indosserò anche un costume. Ma lo sceglierò da solo.”
Stiles accetta il compromesso, non vedendo l’ora di scoprire che travestimento sceglierà il suo futuro marito. Spera in qualcosa di fantasioso e stravagante, oppure qualcosa di sexy e seducente. Magari un costume da lupo mannaro.
Derek opta per una divisa da sceriffo.
Stiles aveva più volte scherzato su quanto l’abito che era abituato a vedere addosso a suo padre gli sarebbe calzato alla perfezione, ricordando come aveva spesso lanciato occhiate furtive al culo del vice Parrish ogni qualvolta entrava in centrale per portare il pranzo a suo padre, divertendosi a farlo ingelosire. Derek aveva finito per cercare online se fosse acquistabile un travestimento che non lo avrebbe messo nei guai con le forze dell’ordine locali e la legge, finendo con il comprare il completo sul sito di un sexy shop. Derek aveva anche annotato mentalmente di chiedere a Stiles se un giorno avrebbe voluto indossare per lui il costume da infermiera sexy che aveva adocchiato sul sito.
Il pittore era tornato a casa dopo l’intervista per farsi una doccia e cambiarsi, poi aveva preso la macchina, perché preferiva guidare piuttosto che prendere un taxi conciato in quel modo e si era rapidamente mosso per raggiungere il suo ragazzo alla festa.
Erika divideva un appartamento con il suo ragazzo Boyd e il loro migliore amico, Isaac. I tre ragazzi lavoravano tutti in posti diversi ad orari diversi, ma l’esuberante bionda non aveva voluto sentir ragioni e aveva tirato i fili affinché tutti e tre riuscissero ad avere la giornata libera per organizzare il party e divertirsi con i loro amici.
Essenzialmente la festa era aperta solo ad amici stretti e conoscenti. In pratica gli unici vietati erano quelli che nessuno già all’interno dello straripante appartamento conosceva. Se avevi dell’alcool con te e un outfit più o meno accettabile, potevi sperare di entrare automaticamente nelle grazie della padrona di casa e venire ufficialmente invitato dentro.
Un’organizzazione del genere non era molto sicura, Stiles lo aveva fatto notare all’amica. Qualcuno che non conoscevano avrebbe potuto imbucare alla festa qualcosa di più pericoloso del semplice alcool.
Erika aveva riso della sua preoccupazione. “Tu ti preoccupi troppo, Stiles.”
La previsione di Stiles si era avverata quando qualcuno aveva tirato fuori dal nulla una pistola e aveva fatto fuoco nel corridoio del palazzo.
Chi aveva sparato il colpo si era dileguato prima ancora che potessero identificarlo, lasciando dietro di sé un corpo privo di sensi sul pianerottolo e una folla di gente terrorizzata.
“Qualcuno chiami un’ambulanza!” Sente strillare Isaac alle sue spalle, ma l’unica cosa su cui Stiles riesce a concentrarsi è il corpo riverso sul pavimento.
“Non può essere…” Singhiozza, avvicinandosi per inginocchiarglisi di fianco.
Derek sta ansimando mentre cerca di stringere le mani contro il ventre sanguinante.
“Ommiodio, Derek.”
“Stiles.” Chiama sofferente l’altro, aprendo le palpebre socchiuse.
“Sono qui. Andrà tutto bene Der.” Calma il ragazzo, aiutandolo a distendersi sulla schiena mentre Scott lo raggiunge con un asciugamano che preme immediatamente sulla ferita dell’uomo.
“Dove accidenti è quella maledetta ambulanza?!” Impreca Erika, sembrando pronta a strappare la gola ai paramedici se non arriveranno nel giro di un minuto.
Derek la sente appena mentre sta lentamente scivolando nell’incoscienza. L’unica cosa su cui riesce a concentrarsi è la voce preoccupata di Stiles che gli ripete di rimanere sveglio.
“Ehi Der… credi nel destino?” Domanda con voce strozzata il ragazzo che ama.
“Stiles... sta zitto.” Rimprovera il pittore con un filo di voce.
“Rispondi, sourwolf.” Sprona il giovane, stringendogli una mano insanguinata.
“No.” Risponde Derek in un sussurro.
“Nemmeno io.” Ribatte l’altro.
Qualcosa di umido gli cade sul viso e Derek confusamente pensa a come possa piovere all’interno del palazzo. È troppo provato per realizzare che si trattino delle lacrime di Stiles.
Quando chiude gli occhi, lo fa con la sicurezza che non li riaprirà mai più.
Si risveglia in una stanza d’ospedale grande e luminosa, alle orecchie gli arriva il suono distinto del bip dei macchinari a cui deve essere probabilmente collegato e il russare pesante di qualcuno. Prova a spingersi in una posizione più eretta per guardarsi intorno, ma viene fermato da una voce familiare.
“Non provare ad alzarti. Finirai per riaprire la ferita.” Avverte Laura, alzandosi dalla poltrona su cui era stata seduta nelle ultime sei ore.
“Che è successo?” Domanda, ignorandola e riuscendo a mettersi a sedere.
Laura gli da la sua occhiata alla ‘ti prenderei a pugni se tu non stessi già morendo’ e lui le sorride affettuosamente.
“Succede che il mio stupido fratellino ha deciso di farmi morire d’infarto prima del tempo.” Rimprovera la donna. “Ti hanno sparato, Der-bear. La pallottola ha mancato organi vitali ma ha causato una brutta emorragia che ha rischiato di farti morire dissanguato. Vado ad informare il medico che ti sei svegliato, così può darti una controllata. Non muoverti nemmeno di un centimetro.” Avverte, puntandogli il dito contro in una chiara minaccia.
Due figure avvinghiate su un’altra poltrona sobbalzano all’uscita della donna dalla stanza. Il russare che aveva sentito quando aveva ripreso conoscenza si ferma.
Stiles si stropiccia il viso, mentre Cora sbadiglia e si stiracchia, spingendolo involontariamente con il culo per terra. Derek ride alla scena.
Stiles lo fissa scioccato. “Sei sveglio.”
“Ehi.” Saluta, alzando una mano.
Stiles lo raggiunge con uno slancio, abbracciandolo, cercando di fare attenzione a non strappare i tubicini che si diramano dal braccio del compagno nel processo.
“Mi hai spaventato a morte, stronzo.”
“Scusa.” Brontola Derek, accarezzandogli una guancia. Gli occhi di Stiles sono rossi e gonfi.
“Non osare farlo mai più o ti ucciderò con le mie stesse mani.” Minaccia il ragazzo, trattenendo nuove lacrime.
“Non ho intenzione di farmi sparare di nuovo nel prossimo futuro, Stiles.” Tranquillizza il pittore con una battuta, venendo folgorato dal suo sguardo.
“Se ha la forza di scherzare vuol dire che sta bene.” Commenta Cora. “Ma concordo con quello che dice Stiles. Facci prendere un altro spavento del genere e ti strapperò la gola a morsi.” Promette sua sorella minore.
Laura torna con al seguito il medico entro cinque minuti.
Il dottore controlla metodicamente la ferita e i suoi segni vitali, constatando che non ci sono complicazioni e avrà solo bisogno di riposo assoluto per rimettersi dall’operazione.
Il medico aggiunge appunti nella sua cartella clinica mentre i due ragazzi provvedono a raccontare cosa era successo da quando Derek aveva perso conoscenza.
I soccorritori erano giunti sul posto qualche minuto dopo e lo avevano trasportato d’urgenza all’ospedale più vicino. Era entrato direttamente in sala operatoria, dove i medici avevano estratto il proiettile e bloccato l’emorragia. Lo avevano trasferito in terapia intensiva nel giro di un’ora. Stiles aveva dovuto aspettare Laura, Cora e Peter perché l’infermiera di turno non lo aveva lasciato avvicinare perché non era un coniuge o un familiare.
“Non avremo questo problema tra qualche mese.” Rassicura dolcemente Derek, stringendogli la mano.
“Devi sposarmi almeno due volte per farti perdonare.” Borbotta imbronciato il ragazzo.
Derek rotea gli occhi, facendo ridere tutta la stanza.
Viene dimesso una settimana più tardi ma impiega due mesi per guarire completamente dalla ferita e brontola per tutto il tempo di quanto si annoi a stare a riposo tutto il sacrosanto giorno.
“E io che credevo di essere quello fastidioso della coppia.” Lo prende in giro Stiles, chinandosi per raccogliere una maglietta sporca dal pavimento.
Derek gli ringhia contro, lanciandogli la prima cosa inoffensiva che ha a portata di mano. Questa volta si tratta di un cuscino. “Sta zitto. Non possiamo neanche fare sesso e giri per casa mezzo nudo come se niente fosse.” Stiles sogghigna e muove i fianchi agitando il sedere per ripicca. “Stronzo.” Sbuffa il pittore.
“Mi ami.” Ricorda teneramente il compagno, gattonando sul letto.
“Forse.” Ribatte l’uomo ferito.
"Assolutamente." Fa le fusa l’altro, strusciandogli il naso sulla guancia barbuta.
“Quasi sicuramente.” Concede Derek, ruotando il viso per catturare le sue labbra in un casto bacio.
"Definitivamente." Sorride Stiles contro le sue labbra. “Quando ti ripreso totalmente, ti cavalcherò lentamente per ore tenendoti al limite, poi quando sarò soddisfatto, ti permetterò di fottermi nel materasso finché non sarò così stanco e sovrastimolato da chiederti di smetterla. Infine, quando saremo entrambi esausti e disossati dai nostri orgasmi, voglio dormire sul tuo petto. Voglio ascoltare il battito del tuo cuore per ricordarmi che sei vivo e qui con me. Poi voglio svegliarmi e fare l'amore con te. Per il resto della mia vita. "
Derek lo stringe forte, ignorando la propria eccitazione perché la commozione che prova per il suo discorso è ancora più grande. "Spero questi non siano i tuoi voti nuziali o dovremmo vietare la cerimonia ai minori di diciotto anni." Dichiara, cercando gli occhi ambrati del ragazzo per incontrare il suo sguardo. “Sei bloccato con me per l'eternità. Non posso restituirti, ho perso la ricevuta. " Ironizza, facendolo ridere.
Si sposano in una bella giornata primaverile con una cerimonia all'aperto. Le margherite riempiono il campo intorno al tendone dove si svolge il ricevimento.
Derek smette di avere paura dei suoi sogni.
Il fatto che sia vivo e vegeto dimostra che il destino non è infallibile e che può andare a farsi fottere per quanto gli riguarda. Nulla li avrebbe mai divisi.
Avevano sofferto abbastanza nelle loro brevi vite.
Ora meritavano solo felicità.